Il film della settimana/ “Pity” di Babis Makridis (Gre)

di Pietro Colagiovanni*

Una mattina un uomo, solo nel suo letto, si sveglia e comincia a piangere, in maniera disperata. Un pianto lungo, sofferto, intenso. Si tratta di un avvocato di mezz’età, in una non meglio identificata città di mare della Grecia. La sua è una vita agiata, da medio-alta borghesia.

Ha un figlio, adolescente ed una bella casa. Poco dopo la vicina di casa bussa alla porta e gli dona una torta fatta da lei. Si informa su come sta sua moglie,se ci sono stati miglioramenti. L’avvocato (Yannis Drakoupolos) risponde di no, che i medici sono pessimisti. La moglie dell’avvocato è in coma dopo un terribile incidente. Da qui parte la vicenda di questo sorprendente film della nouvelle vague cinematografica ellenica.

Con una fotografia perfetta, con un minimalismo narrativo adeguato, con attori eccellenti (lo sguardo dell’avvocato, un midde men di una qualsiasi società post moderna è semplicemente fantastico) si snoda la trama, l’idea narrativa, che è tutto in questo piccolo ma grande film. L’uomo avverte la vicinanza di tutti nel momento del suo dolore. E la cosa lo conforta, lo fa sentire importante, amato. E’un calore cui non era abituato ma che lo fa sentire, in un momento difficile, bene. Poi il punto di flesso. La moglie, d’un tratto, esce dal coma e ritorna alla vita normale di sempre, lei e la sua famiglia. Ma per l’avvocato questo significa tornare nella grigia normalità di una esistenza priva di spunti.

E da qui si dipanano una serie di vicende grottesche che culminano, forse affrettatamente e con qualche defaillance nella sceneggiatura, in un atteso epilogo tragico. Il film è interessante perchè fa pensare. La pietà rompe i rapporti, freddi, consueti, incartapecoriti di una routine, sociale e familiare, che è la normalità. L’avvocato nella sua mediocrità non ci sta. Si accorge che i rapporti umani possono avere una dimensione diversa e si inebria di questa diversa dinamica emotiva. Ma la pietà nasce solo dal dolore, l’attenzione all’altro deriva solo da una situazione abnorme, non è la cifra della nostra vita di agiati borghesi dalle pance piene.

L’avvocato non si dà per vinto, costi quel che costi. Vuole a tutti i costi quella sensazione di grande emotività che la vita di ogni giorno gli (ci) nega. E “Pity”, nella sua geniale intuizione narrativa, si trasforma un film sulla mediocrità delle nostre vite, sulla mancanza di autenticità, sull’essere noi tutti semplicemente degli oggetti, inquadrabili e inquadrati, di un meccanismo che benefica altri, non noi.

A noi ci riempiono la pancia (quando ci riescono) in cambio vendiamo loro l’anima. Non è un film politico, quello di Makridis, ma forse è molto più politico di quello che si potrebbe pensare. Sicuramente è un bel film, da vedere anche se con alcune accortezze in più poteva diventare un grande film. In ogni caso un film che fa riflettere, e non è una cosa da poco.

Giudizio complessivo 3.5/5

*imprenditore, comunicatore, fondatore del gruppo Terminus

per contatti: colagiov@virgilio.it

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