Dal Centro Sinistra 2.0 al Campo nuovo delle forze progressiste alternative

Roberto Saviano, in un articolo de “L’Espresso” di qualche giorno fa, riflettendo sullo stato del nostro Paese partiva dalla domanda di una ragazza raccolta durante un festival di provincia. Domanda a cui nessuno, lui compreso, in quel momento è riuscito a dare risposta. “Si può essere felici in Italia, ancora?”, io aggiungo, “si può essere felici in Molise, ancora?”
È d’obbligo partire da qui per fare brevemente qualche considerazione.
La domanda è di quelle gigantesche, soprattutto se a farla è una ragazza poco più che maggiorenne.
Rispondere è complicatissimo, perché circoscrive la felicità in luogo ben definito, l’Italia e il Molise, e porta con sé un giudizio di merito che ruota tutto intorno a quell’ANCORA, il quale evidenzia intrinsecamente un complessivo peggioramento delle condizioni di vita attuali, rispetto a quelle del passato.
RISPONDERE CON CONCRETEZZA A QUESTA DOMANDA È TUTTO QUELLO CHE DOBBIAMO FARE.
Dobbiamo essere ossessionati per trovare una risposta alle tante ragazze e ai tanti ragazzi che pongono, anche inconsapevolmente, questa domanda. La pongono attraverso l’incertezza per il futuro, per un lavoro sicuro e degno, per uguali possibilità di affermazione e riscatto, per diritti certi, per l’assenza di odio, violenza, terrore e guerre, in un mondo meno inquinato, meglio conservato e più vivibile.
La differenza nella risposta la fa, per quanto mi riguarda, con quali lenti guardi il mondo, con quale pensiero ti approcci alla realtà per offrire risposte e soluzioni alle questioni che quest’ultima pone e in quale campo, con quale soggetto collettivo vuoi realizzare il cambiamento necessario a modificare in meglio la vita delle persone.
Io credo vada fatto in un CAMPO NUOVO come quello che in Italia e in Molise abbiamo l’ambizione di costruire.
Come si è detto a Roma il 1 luglio in Piazza Santi Apostoli, va fatto: INSIEME, NESSUNO ESCLUSO!
Credo nell’esigenza di un nuovo soggetto capace di veicolare pensieri, politiche e programmi: ALTERNATIVI, DISCONTINUI e per molti aspetti IN ANTITESI con quelli portati avanti negli ultimi decenni dalle destre conservatrici, dai populismi e, ahimè, anche dal centrosinistra.
Si, avete capito bene. Non me ne vogliate, ma è così!
Quello che con una formula politica indichiamo come centrosinistra non è oggi la panacea per tutti i mali, e non ha fornito in passato tutte le risposte che si attendevano, anzi, in molti casi è stato il veicolo per il cedimento culturale delle forze progressiste, riformiste e socialiste al pensiero unico neoliberista, tanto caro, prima a Berlusconi e Iorio, oggi a Renzi e Frattura.
Allora questo centrosinistra è sbagliato, non lo dobbiamo costruire!? Affatto! Dobbiamo farlo e anche subito. Va fatto però mantenendo ciò che di buono c’era ed eliminando, superando, quanto di fallimentare, alla luce della storia, c’è stato.
Va fatto, se per centrosinistra indichiamo quella capacità di tenere insieme storie diverse attorno ad un obiettivo comune. Va costruito intorno a quella capacità di ascolto e rispetto, ormai persi nel Pd di Renzi, che hanno organizzato Partiti e cittadini intorno a programmi per il governo dei Comuni, delle Regioni e del Paese, in una tensione unitaria tutta da riscoprire e, io aggiungo, da rifondare.
Va, però, superato per quanto riguarda le politiche prodotte e i programmi di governo messi in campo. Va superato perché ogni stagione storica ha le sue ricette e quelle di prima, banalmente, non possono andare bene per oggi. Va superato perché la più grande crisi economica ci ha messo dinanzi al dovere di ridiscutere il perimetro entro cui ci siamo mossi.
Oggi è il tempo della radicalità delle scelte, che attenzione, non vuol dire estremismo.
Oggi dobbiamo essere in grado di scommettere in Italia, e maggiormente in Molise, in un campo di forze largo, democratico, progressista, ancorato saldamente al tema del Lavoro e ai valori della Costituzione.
Questo è il tempo che stiamo vivendo.
Ce lo hanno insegnato Bernie Sanders negli USA, Jeremy Corbyn con i Labour nel Regno Unito, Jean-Luc Mélenchon in Francia con lo schieramento “La France Insoumise”, Alexīs Tsipras in Grecia con Syriza, Podemos e il PSOE di Pedro Sánchez Pérez-Castejón in Spagna e anche Obama durante il suo mandato da Presidente degli Stati Uniti.
In questo senso il campo che dobbiamo costruire possiamo definirlo in questa prima fase centrosinistra, ma facciamo bene ad aggiungere quel 2.0, che però va sostanziato con qualche considerazione di metodo e qualcuna di merito.
Nel metodo, da uomo che crede fortemente nei Partiti politici, che ha dato i suoi anni più belli al Partito Democratico, che ora si trova nella fase costituente di un movimento, quello di Art. Uno, ma che lavora perché questo diventi un Partito organizzato e strutturato, dico che sento forte la necessità di aprire il più possibile questo percorso, di aprire il soggetto costituente a tutti quanti se ne riconoscono, di essere permeabili alla società e all’associazionismo diffuso. Penso all’ANPI, a Libera, alle associazioni culturali, a quelle del mondo del sociale, penso agli amici di “Uniti per la Costituzione”, con i quali io stesso condivido il percorso formativo di oggi, avendone condiviso le battaglie di ieri, culminate, anche in Molise, con la splendida vittoria del 4 dicembre.
Penso ad un legame forte, stretto, reciproco, ma rispettoso dei ruoli, con il Sindacato. Così come abbiamo fatto per la battaglia referendaria della CGIL su voucher e responsabilità solidale sugli appalti.
Tutti dobbiamo fare uno sforzo in questo senso e farlo senza primogeniture, senza produrre strappi per intestarsi una leadership, che se ora non c’è, dico, è giusto che sia così, evitando che ci siano autoproclamati federatori. Di tutto questo non abbiamo bisogno perché abbiamo già dato troppo spesso.
Il nostro federatore sarà l’idea che metteremo in campo, la capacità di coinvolgimento che sapremo sviluppare, i programmi che scriveremo con le persone impegnate e le regole che ci daremo per la scelta dei rappresentanti e del candidato Presidente.
Dico questo perché pur non avendo mai creduto alla supremazia della cosiddetta “società civile”, al contempo so che non basta mettere insieme uno schema politico per farlo vivere tra le persone. Ai Partiti dico apritevi, alla “società civile” dico non chiudetevi in quel settarismo che non vi ha mai portato da nessuna parte!
La mia ricetta, lo ripeterò fino alla noia, è ancorata su due pilastri: CHIAREZZA e CORAGGIO!
La chiarezza è quella delle posizioni da prendere, da determinare. La chiarezza delle posizioni di tutti sarà l’unico collante naturale che terrà unito il campo. Facciamo tutti uno sforzo in questa direzione.
Chiarezza è anche rappresentare un’autocritica che non vedo rappresentata e che la gente si aspetta da noi. Dobbiamo essere onesti in questo. Dire l’ultima volta abbiamo sbagliato non solo non è scorretto, ma è giusto. Cinque anni fa abbiamo supportato un centrosinistra che aveva già in evidenza i segni di troppe cose che non andavano, che non potevano andare bene. Dirlo, riconoscerlo, non ci indebolirà, al contrario ci fortificherà, ci permetterà di affermare con più credibilità che abbiamo preso le distanze da tempo con quella stagione, che lo abbiamo fatto generosamente in molte occasioni importanti e che siamo arrivati alla conclusione che si debba fare altro.
Il coraggio è da attribuire alla scelta che dobbiamo compiere sui programmi. Dovranno essere completamente alternativi a quello a cui abbiamo assistito.
I programmi devono andare nella direzione di ridare dignità alle donne e agli uomini di questa terra,
martoriati dalla cattiva gestione della cosa pubblica, da un clientelismo dilagante, da un imbarbarimento culturale che investe tutta la catena del potere. Un programma che guardi ai beni comuni con un approccio diverso, che vada dallo sfruttamento alla valorizzazione, dalla privatizzazione alla gestione pubblica, trasparente ed efficiente. Si può fare, chi dice il contrario non solo è smentito dai fatti, ma o ignora o è complice di un sistema malato.
Ai temi che diciamo da tempo della sanità, dell’acqua, della gestione dei fondi strutturali per la creazione di lavoro, mi permetto, e concludo, di aggiungerne uno.
Una riflessione seria e strutturata sulla suddivisione regionale del Paese, la quale potrebbe approdare anche alla formulazione di governare il Molise per arrivare al suo superamento con la formazione della macro-regione adriatica. Una discussione che dovunque approdi, metta in campo un processo dialettico che ci veda rafforzati nei confronti del Governo.
Guardate non è né provocazione, né populismo, semplicemente penso che se il Molise esiste, i suoi cittadini devono avere gli stessi diritti e servizi dei cittadini delle altre Regioni. Se costituzionalmente ci è stata riconosciuta l’autonomia Istituzionale regionale, questa deve vivere di fatto nei diritti di ognuno di noi e nelle possibilità di questo territorio. È impensabile continuare a dialogare sulla base di numeri austeri, poco indicativi della realtà e che ci vedono sempre penalizzati con il governo centrale, senza fare una battaglia che, o da un lato riafferma la dignità dell’esistenza sostanziale del Molise e dei suoi cittadini, con tutto il carico di diritti e servizi che questo comporta, o è evidente che si deve ripensare il sistema regionale.
Di una cosa sono certo, indipendentemente dall’esistenza Istituzionale del Molise, se mi devo curare, mi devo poter curare, se devo studiare, devo poter studiare, se ho dei diritti come cittadino, devo poterli esercitare. Solo così si potrà essere ANCORA FELICI IN MOLISE!

Centrosinistra 2.0

Nicola Palombo  Art. Uno – Mdp

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