Come sporgere Querela: consigli da adottare ed errori da evitare

Quando si è vittima di un reato (non procedibile d’ufficio) e si desidera la punizione del colpevole, lo strumento che la legge mette a disposizione dei cittadini è l’atto di querela. L’istituto, disciplinato dagli artt. 336 e ss del codice di procedura penale, consiste nella dichiarazione con la quale la vittima di un reato esprime la volontà che si proceda alla punizione del colpevole. Visto che chiunque può essere vittima di atti criminosi, a prescindere dal suo stato sociale e dal suo livello culturale, il codice non prevede regole di forma, imponendo solo la descrizione del fatto e la volontà del querelante che si proceda nei confronti del responsabile.
La querela può essere raccolta tanto da un ufficiale di polizia (presso le Caserme o le Questure) quanto dallo stesso Pubblico Ministero che svolge le indagini; in entrambi i casi si può agire in proprio o a mezzo di un difensore. Tranne casi eccezionali (quali lo stalking, la violenza sessuale, gli atti sessuali con minorenni, ecc…), il termine massimo per sporgere querela è di tre mesi dal giorno in cui è accaduto il fatto o da quando la vittima viene a conoscenza del reato; la querela può essere sporta oralmente (con verbale scritto dal pubblico ufficiale) e senza formalità di sorta, nonostante ciò è preferibile redigerla per iscritto affinché vengano inserite annotazioni, aggiunte e precisazioni senza le quali la probabilità di controllare e partecipare all’evoluzione del procedimento diventano marginali. Premesso ciò è opportuno fornire qualche consiglio utile a chi decida di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria.
Prima di tutto, nell’esposizione del fatto occorre essere molto meticolosi e dare agli inquirenti tutte le informazioni utili all’identificazione del querelato, inserendo anche informazioni che sul momento potrebbero sembrare superflue ma che fanno da cornice all’oggetto della doglianza (melius abundare quam deficere). E’ preferibile allegare all’atto tutti i documenti relativi al racconto (referti, documentazione fotografica, registrazioni, ecc…) e indicare dettagliatamente i dati anagrafici di eventuali testimoni.
Se si hanno dubbi sulla qualificazione giuridica del fatto è meglio non sbilanciarsi, evitando di indicare tipologie delittuose che si ritengono configurate (ex truffa, appropriazione indebita, ecc…) ma che possono risultare errate, con il rischio di additare qualcuno per un reato che non ha commesso. E’ bene lasciare al Pubblico Ministero il compito di dare un “nome giuridico” al fatto raccontato. In punto di diritto, inoltre, vi sono delle formule da inserire nell’atto che permettono di rimanere sempre aggiornati sulle evoluzioni delle indagini. Atteso che il P. M. non ha nessun obbligo di avvisare il querelante dell’eventuale richiesta di archiviazione del procedimento, si verifica spesso che molti cittadini, non avendo più notizie circa l’esito della querela, decidono di informarsi presso la Procura e scoprono, loro malgrado, che la loro doglianza si è risolta in un buco nell’acqua.
Per evitare ciò è sufficiente indicare nella querela la propria volontà di essere avvisati nel caso in cui venga richiesta l’archiviazione ai sensi dell’art. 408 c. p. p., in questo modo si renderà obbligatorio per la Procura tenere al corrente la vittima dell’eventuale decisione di archiviare; non solo, il querelante otterrà anche la possibilità di opporsi alla richiesta di archiviazione ove la ritenga errata.
Altra insidia risiede nell’istituto del decreto penale di condanna.
Visto che molti procedimenti possono concludersi con un provvedimento sommario (appunto il Decreto Penale) che sanziona l’imputato senza che alla vittima venga data l’opportunità di chiedere un risarcimento, è opportuno opporsi nell’atto di querela all’eventuale emissione di Decreto Penale di condanna e ottenere il diritto a partecipare ad un processo ordinario in cui si può valutare la possibilità di costituirsi parte civile e chiedere il risarcimento per il danno patìto.
In conclusione, atteso che quelle citate sono solo alcune delle insidie che nasconde il nostro ordinamento, il consiglio migliore in ogni fase del procedimento resta sempre quello di farsi assistere da un legale, un esperto che padroneggia la materia ed evita al cittadino di incorrere in spiacevoli epiloghi che non gli permettono di avere e assaporare la giustizia che cerca.
avvocato Silvio Tolesino

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