Mi permetto di riportare l’attenzione dei giornalisti sui principi e le linee guida di comportamento, che esistono e sono già sanciti, come precisato dalla Conferenza dei Garanti dell’infanzia e dell’adolescenza nella recentissima riunione dello scorso 13 gennaio. Proprio in quell’occasione, la Conferenza ha redatto un documento dove si stigmatizza, da parte di molte testate web, trasmissioni televisive e giornali, una pericolosa disinvoltura, sconfinante nella scorrettezza, nel trattare la materia delicata dei minorenni. Leggerezza e superficialità non sono permesse quando si ha a che fare con bambini e adolescenti. Basta con la corsa allo scoop.
Mi richiamo anch’io a questo documento, per richiamare coloro che operano nel mondo della comunicazione al pieno rispetto dei principi sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, ribadita da diversi codici deontologici che il mondo dell’informazione si è dato, come la Carta di Treviso e il Codice di autoregolamentazione tv e minori. È certamente vero che oggi questa ragazza ha 18 anni, ma i fatti di cui parliamo sarebbero avvenuti quando ne aveva solo 13:come possiamo tutelare i nostri minori, ed educarli ad una cultura del coraggio e della sicurezza, quando permettiamo alle piazze di celebrare processi?Mi auguro che documenti orribili come la lettera aperta dei parrocchiani, non trovino più spazio mediatico. Impariamo la cultura della correttezza etica e giuridica: chi conosce fatti penalmente rilevanti, collabori con le autorità giudiziarie. Chi non sa, eviti la caccia alle streghe: il Medioevo è finito e nostro dovere è renderci protagonisti responsabili dell’attualità. Nel dubbio, io sono dalla parte dei più deboli. Ben venga la cautela la adottata da Monsignor De Luca, in attesa del processo: evidentemente ce n’erano i presupposti. E mai nessun bambino, o nessun genitore di un bambino, debba provare vergogna nel denunciare un abuso, temendo il linciaggio della pubblica piazza più ancora di un torto subito”