Cantare “Bella Ciao” non è reato. Si chiude una anomala vicenda giudiziaria molisana

In un Molise in cui c’è chi si presenta alle elezioni amministrative con simboli elettorali che rievocano il fascismo, e dove c’è chi sfila con la testa rasata ed il saluto romano, cantando liberamente inni neofascisti, sono finiti sotto processo 7 antifascisti perseguiti penalmente e messi sotto processo per essersi macchiati del reato di aver cantato “BELLA CIAO”, la canzone simbolo della Resistenza Antifascista e dei partigiani impegnati nella guerra di liberazione del 1943-45.
Un paradosso tutto isernino e molisano che rispecchia bene le contraddizioni del nostro tempo, dove chi ti porta via i diritti viene salutato come un liberatore e chi soffre il disagio viene colpevolizzato per la sua marginalità, povertà, disoccupazione o malattia.
La vera libertà di ogni cittadino passa per la libertà del bisogno, per il diritto al lavoro, alle cure sanitarie e all’istruzione, così come scolpito nella Costituzione nata dalla lotta armata contro il nazi-fascismo.
Non esiste libertà fondata sulla privazione dei diritti universali di cittadinanza o sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Svuotare la rappresentanza sociale, limitare la sovranità popolare, ridurre la partecipazione democratica e svilire il ruolo delle istituzioni locali, servirà a dare più potere alle lobby della finanza e alle multinazionali, ma non aiuterà i cittadini ad affermare la propria dignità e ad essere uomini liberi.
L’ANPI esprime la propria solidarietà alle sette persone coinvolte e messe sotto processo per aver cantato “BELLA CIAO”, e invita tutti a riflettere su una vicenda anomala e sulle disposizioni transitorie della Costituzione Italiana che vietano la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del Partito Nazionale Fascista e non di cantare l’inno dei partigiani.

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