Agricoltori molisani aprono il presidio della Coldiretti al valico del Brennero

codlbren1Sono stati circa 120 agricoltori molisani, insieme a quelli provenienti da tutte le regioni italiane, ad aprire il presidio della Coldiretti al valico del Brennero, nell’ambito della mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia” per difendere l’economia ed il lavoro dalle importazioni di bassa qualità, che varcano le frontiere per essere spacciate come italiane, per aiutare i consumatori a fare scelte di acquisto consapevoli per se stessi e per sostenere l’ambiente ed il lavoro in Italia, ma anche per sollecitare le Istituzioni verso l’obbligo di prevedere l’etichetta con l’origine degli alimenti.

Il campo base è nell’area di parcheggio “Brennero” al km 1 dell’autostrada del Brennero – direzione sud (Austria-Italia), dove, nei giorni del 4 e 5 dicembre, autobotti, camion frigo, container vengono fermati e verificati dagli oltre 10.000 agricoltori ed allevatori, soci di Coldiretti, per smascherare il “finto Made in Italy” diretto sulle tavole in vista del Natale, all’insaputa dei consumatori, per la mancanza di una normativa chiara sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti.
La Coldiretti evidenza che è già dimostrato che il successo dell’agroalimentare italiano nel mondo e l’accreditamento attribuito al marchio Italia non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante (+7,1% nei primi mesi del 2013) ed il valore record dell’export (stimabile a 34 miliardi per quest’anno), e che potrebbe addirittura triplicare se non vi fossero gli ormai noti fenomeni di imitazione e pirateria commerciale. Il fatturato del falso Made in Italy nel mondo ha superato i 60 miliardi e sottrae al nostro Paese 300 mila posti di lavoro.

LE PROPOSTE COLDIRETTI A DIFESA DEL MADE IN ITALY

a. Dare effettiva e piena attuazione alla normativa nazionale e comunitaria sull’obbligo dell’indicazione in etichetta dell’origine dei prodotti, sia freschi sia trasformati. Occorre garantire il rispetto da parte della Commissione europea del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l’attuazione completa dell’obbligo di indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza.
b. Rendere pubblici i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l’origine dei prodotti e disponibili presso il Ministero della Salute (ASL e Uffici UVAC – Uffici Veterinari Adempimenti Comunitari), il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali e l’Agenzia delle Dogane.
c. Dare piena attuazione all’articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.27, che vieta pratiche commerciali sleali, che possano determinare, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, il riconoscimento di prezzi, agli allevatori, palesemente inferiori ai costi di produzione medi da essi sostenuti; individuando anche le azioni per contrastare le pratiche commerciali sleali che risultassero in violazione.
d. Garantire adeguati sistemi di valutazione e di controllo dei finanziamenti pubblici (ad opera dell’Istituto Sviluppo Agroalimentare Spa, dei Piani di Sviluppo rurale, ecc.) alle imprese agroalimentari, per assicurare che esse vadano ad effettivo vantaggio della valorizzazione dei prodotti agricoli e delle imprese italiane, escludendo categoricamente i casi in cui l’obiettivo di rafforzamento della competitività nazionale non sia chiaro.

I settori agroalimentari di maggiore interesse per il Molise

Settore lattiero caseario
Il settore lattiero caseario rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano: 37 mila imprese di allevamento, per una produzione complessiva di circa 11,3 milioni di tonnellate di latte bovino. Oltre 27 miliardi di euro il valore generato dalla filiera e quasi 200 mila gli occupati della filiera. Come per gli altri settori, quello lattiero caseario risente della mancanza di trasparenza che lascia spazio ad importazioni indiscriminate e crescenti (9,3 milioni di tonnellate di latte equivalente all’anno, che comporta un tasso di autoapprovvigionamento del 65%). Per ogni litro di latte prodotto negli allevamenti italiani, ce n’è altrettanto importato dall’estero senza nessuna evidenza per il consumatore. Infatti, la normativa comunitaria e nazionale non danno rilevanza alle informazioni sull’origine del prodotto, fatta eccezione per il latte fresco e permettono pertanto a molte industrie di trasformazione e, purtroppo, anche ad alcune importanti cooperative, di importare latte e semilavorati dall’estero e trasformarli poi in prodotto “italiano”, con tutte le conseguenze già ricordate.
L’ortofrutta
L’Italia è il primo produttore in Europa di frutta ed ortaggi freschi con quasi 250 milioni di quintali di prodotto ed un valore di 11,4 miliardi di euro. Ciò nonostante importiamo dall’estero significative quantità di prodotti (agrumi, pere, pesche nettarine, patate, pomodori) dal Sudafrica, dall’Argentina, dal Cile, dalla Turchia e da altri Paesi europei ed extracomunitari. Nel 2012 sono stati importati ben 2,8 milioni di tonnellate di ortofrutta fresca.
L’ortofrutta italiana è da sempre riconosciuta come la più sicura, con il record di oltre il 99% di campioni controllati regolari (Fonte: Ministero della Salute). Per l’ortofrutta fresca vige l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del prodotto, ma questa regola viene sistematicamente disattesa non solo nei mercatini rionali, ma anche nei punti vendita della grande distribuzione organizzata, per mancanza di reali controlli, con un danno per le imprese agricole ed un inganno ai consumatori. In pratica, i prodotti ortofrutticoli stranieri diventano “italiani” perché sugli scaffali mancano le etichette ed i cartellini con l’indicazione della provenienza.
L’olio d’oliva
L’olio d’oliva è un prodotto simbolo del made in Italy agroalimentare. Produciamo ogni anno circa 6 milioni di quintali di olio, per un valore di circa 1,5 miliardi, pari al 3,3% del valore della produzione agricola. Ma lavoriamo il doppio della produzione nazionale: importiamo, infatti, 5 milioni di quintali dall’estero, principalmente dalla Spagna (50%). Il 30% dell’olio importato è rappresentato da prodotti ottenuti da procedimenti di estrazione non naturali (olio di sansa, olio lampante ed olio raffinato) destinato alla lavorazione ed alla trasformazione nel nostro Paese.
Il frumento
L’Italia produce oltre 3 milioni di tonnellate all’anno di grano tenero (50% circa del fabbisogno), 4 milioni di tonnellate di frumento duro (65% circa del fabbisogno nazionale per la pastificazione). L’industria italiana ha sempre importato cospicue quantità di grano duro dal Canada (oltre un milione di tonnellate annue) giustificandone la complementarietà per miscelare i grani nazionali, tuttavia da qualche tempo si è aperto un nuovo canale dal Messico, in chiave strettamente speculativa, concentrato nel periodo di raccolta e funzionale, principalmente, ad abbattere il prezzo del mercato nazionale attraverso l’intasamento dell’offerta. A partire da quest’anno è ripresa la solita routine speculativa per il frumento tenero come per il frumento duro,che subisce contrazioni di prezzo talvolta inspiegabili (si è scesi fino 23-24 €/quintale) visto che il mercato comunitario quota in maniera superiore, a parità di caratteristiche. Ormai siamo ai limiti dei costi di produzione.

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