Unione Europea: creati l’85% dei posti di lavoro nelle PMI

di Massimo Dalla Torre

È bastato un arco temporale tra il 2018 e il 2020 a creare l’85% dei posti di lavoro nelle piccole e medie imprese nell’Unione Europea. Percentuale che è superiore a quella  corrispondente alla quota delle PMI rispetto all’occupazione totale: 67%. Questo è quanto emerge da uno studio sul contributo delle PMI alla creazione di occupazione presentato  qualche mese fa dalla Commissione europea ai partner europei. Lo studio fa parte del progetto SME Performance Review e si basa su una indagine condotta presso le imprese alla fine del 2019 negli Stati membri UE e in Albania, Croazia, Islanda, Israele, Liechtenstein, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Montenegro, Norvegia, Serbia e Turchia. Paesi partecipanti al programma Imprenditorialità e innovazione. Nel corso del periodo esaminato dallo studio, l’occupazione netta nell’economia di mercato è notevolmente aumentata, in media di 1,1 milioni di posti di lavoro all’anno. Nelle PMI, in particolare, il tasso annuo di crescita dell’occupazione è stato del 39%, mentre nelle grandi imprese solo dello 0,5%. Fa eccezione il settore commerciale, in cui l’occupazione è aumentata nelle PMI dello 0,7% all’anno contro il 2,2% delle macroimprese, in conseguenza del forte sviluppo delle grandi società commerciali. A creare occupazione sono in netta maggioranza le nuove imprese (con meno di cinque anni di vita), mentre è il settore dei servizi alle imprese che ha visto la crescita maggiore con oltre un quarto (27%) dei nuovi posti di lavoro, mentre trasporti e comunicazioni con il 6% sono i settori che meno hanno inciso. Tuttavia sono le piccole imprese anche quelle che risentono maggiormente dei contraccolpi prodotti dalla crisi, tant’è che nel biennio 2019/2020, i posti di lavoro nelle PMI sono diminuiti del 2,4% in media annua, contro lo 0,95% per le grandi imprese. Non solo. Oltre agli effetti sull’occupazione, la crisi ha inciso profondamente anche sulla domanda complessiva dei prodotti e servizi (menzionato dal 62% delle imprese), seguito dall’aumento dei ritardi nei pagamenti dei clienti (48% delle imprese) e dalla mancanza di liquidità (31%).

Commenti Facebook