Nessuna rivolta al cercere di Larino. I detenuti hanno posto una domanda che attende una risposta teologica

L’Istituto Penitenziario di Larino è moderno, ben strutturato e rappresenta una buona pratica a livello nazionale nei progetti di formazione, apprendimento, inclusione sociale, cooperazione e lavoro con proposte innovative che consentono ai detenuti di studiare, formarsi, operare in cooperative e lavorare. Un carcere che mira a recuperare la persona attraverso attività ed iniziative meritorie che vanno rimarcate in queste ore di confusione scaturite da una vicenda specifica che merita rispetto, ma che non deve offuscare o mettere in ombra la qualità dell’Istituto Penitenziario. Nel pomeriggio del 7 luglio, quale Assessore Regionale alle Politiche Sociali, ho visitato la struttura carceraria ed incontrato 80 detenuti del braccio di massima sicurezza insieme alla Direttrice dell’Istituto e al cappellano Don Marco Colonna.
In un lungo e articolato confronto ho ascoltato le preoccupazioni dei reclusi ed il loro allarme dopo le notizie pubblicate dalla stampa, che li hanno associati all’episodio di “Oppido Mamertina” su cui la Direzione Antimafia ha aperto un’inchiesta. Sorpresa, stupore e timore di venir coinvolti in fatti sui quali hanno voluto rimarcare le distanze, mandando un messaggio di serenità ai loro familiari per un non evento che li ha visti finire al centro delle cronache nazionali. Dopo una serie di interventi, è stata ricostruita la vicenda che merita attenzione e rispetto perché interroga le coscienze dei detenuti, della società e della Chiesa. “Per la giustizia degli uomini”, hanno detto, “noi siamo stati condannati per reati di mafia e quindi dopo la scomunica di Papa Francesco in Calabria non potremmo più partecipare all’Eucarestia. E’ così?” Questa è la domanda posta sia al cappellano del carcere, Don Marco Colonna che al Vescovo di Termoli-Larino, Mons. Gianfranco De Luca, che hanno avviato una riflessione profonda con loro sul significato del messaggio di Papa Francesco.
Da dieci giorni ci si interroga in quel braccio di massima sicurezza su questo dubbio ed alcuni dei detenuti più coraggiosi hanno avuto la forza di rendere pubblica questa domanda che non è banale, né può essere approcciata con superficialità ed ipocrisia.I detenuti potevano far cadere nel vuoto la scomunica di Papa Francesco continuando a seguire la funzione religiosa e partecipando all’Eucarestia, come accade negli altri Istituti di Massima Sicurezza d’Italia. Nessuno avrebbe detto nulla. Non sarebbe successo niente e tutto si sarebbe consumato nella rimozione valoriale del messaggio di Papa Francesco a Sibari.Per questo è opportuno chiarire che a Larino è accaduto qualcosa di bello e di positivo, non una rivolta, non una protesta ma semplicemente un dubbio, una domanda che attende una risposta teologica su cui non sarà semplice intervenire.

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