Infortuni Covid 19/ Le denunce all’ Inail delle donne quasi il doppio di quelle degli uomini

La Consigliera di parità effettiva delle Province di Campobasso e Isernia Giuditta Lembo insieme ai colleghi supplenti Carmela Basile e Rossano Giannetti, rendono noto che l’Inail ha pubblicato i dati relativi alle denunce per infortunio sul lavoro da Covid-19 nel periodo gennaio-31 maggio2020, quelle femminili sono quasi il doppio di quelle maschili. Sono 47 le denunce totali di infortunio sul lavoro da Covid-19, di cui 35 nella Provincia di Campobasso e 12 nella provincia di Isernia.

Dalla lettura dei dati emerge che su 47 totali, ben 31 sono donne e 16 uomini, in percentuale il 66% riguarda la componente femminile mentre il 16% quella maschile. Quindi la percentuale femminile è quasi il doppio di quella maschile, una costante che in altre regioni è addirittura tripla (vedesi la Lombardia). L’età di maggiore incidenza è quella tra i 50 anni e i 64 (tot.24 ossia il 51,1%), seguita da quella tra i 35 anni e i 49 (tot. 14 ossia il 29,8%), e da quella tra 18 anni e 34 (tot. 8 ossia il 17%), infine quella oltre i 64 anni (tot. 1 ossia il 2,1%).

I dati riportano che il comparto Industria e Servizi registra il 100% delle denunce; il 42,3% delle denunce codificate per settore di attività economica (Ateco) sono associate al settore “Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria” cui afferiscono le Asl; il settore “noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese” registra il 23,1% delle denunce; i “servizi di assistenza sociale residenziale” fanno registrare il 75% dei casi afferenti alla “Sanità e assistenza sociale” (15,4%); in tutti i settori le professionalità coinvolte sono quelle sanitarie (infermieri, operatori socio assistenziali), conducenti di autoambulanza, inservienti in case di riposo e addetti alle pulizie. Nel settore trasporti si registra il 7.7%, altro l’11,5.

Per quanto riguarda le professioni: i tecnici della salute registrano il 34,8% di cui il 100% sono infermieri; le professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati registrano il 17,4% di cui il 100% sono operatori socio-assistenziali; il personale non qualificato nei servizi di istruzione e sanitari registra l’8,7% di cui il 100% sono gli inservienti delle case di riposo. I direttori, dirigenti ed equiparati dell’amministrazione pubblica registrano l’8,7% così come i conduttori di veicoli a motore e a trazione animale. Mentre il personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici registra il 4,3% così come per gli esercenti ed addetti nelle attività di ristorazione, il 13% è relativo ad altro.

Al netto dell’importante partita di chiarimento ai tavoli politici sulla possibilità che i datori di lavoro non siano caricati della responsabilità penale di contagi classificati come infortuni, colpisce – afferma la Consigliera Giuditta Lembo- che, nuovamente, a pagare il prezzo maggiore, un po’ in tutta Italia, siano le donne. E’evidente che il maggior numero di contagi fra lavoratrici riguarda un settore a forte presenza femminile come la sanità, ma è anche il caso di chiedersi perché tale rischio sul lavoro non sia stato opportunamente valutato. Donne che, peraltro, prima sono state celebrate come eroine e poi dimenticate quando il picco dei contagi è sceso.

C’è qualcosa che non funziona nella visione e nell’organizzazione del lavoro rispetto alle donne che sono sempre quelle che alla fine pagano di più in termini anche di salute, retribuzione, carriera. Un dato per tutti: 7 uomini su dieci sono tornati al lavoro mentre solo 3 donne su 10. Allora torniamo a chiederci: ma l’Italia è un paese per donne?

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