Embraco, la battaglia per una giusta globalizzazione va vinta in Europa

Riceviamo e pubblichiamo

Quanto incide l’Europa sulle nostre vite? E la globalizzazione è un fenomeno da combattere o da guidare?
In questi giorni siamo tutti in apprensione per i lavoratori dell’Embraco, che stanno rischiando il posto di lavoro perché l’azienda è intenzionata a delocalizzare all’estero la produzione.
E ancora una volta, in Europa si avverte la necessità di trovare nuovi punti di equilibrio tra la globalizzazione e resilienza territoriale, per garantire una sintesi più virtuosa fra libero mercato e welfare sociale europeo, tra la necessaria apertura al commercio globale e la protezione dei diritti e del benessere dei cittadini e dei lavoratori.
Argomenti, bisogni, alla base del parere che ad ottobre ho presentato al Consiglio europeo delle Regioni a Bruxelles, dove si sta discutendo il futuro delle politiche europee nei prossimi vent’anni, sottolineando, tra le altre cose, la necessità di rifinanziare il fondo europeo di aggiustamento alla globalizzazione e la sua trasformazione in un fondo per la transizione produttiva e il sostegno ai territori colpiti dalle delocalizzazioni.
Su questa strada, ho fornito diversi contributi, proponendo, sul fronte del commercio estero, di: potenziare le risposte antidumping; migliorare in relazione agli accordi commerciali la trasparenza e l’inclusività nei confronti di tutti i livelli di governo; rafforzare la condizione di liberalizzazione se le parti rispettano gli obblighi internazionali in materia di protezione sociale dei lavoratori e dell’ambiente; garantire condizioni di reciprocità soprattutto in tema di appalti pubblici; inserire la trasparenza, l’equità e l’efficienza in campo fiscale fra le priorità della politica commerciale; inserire strumenti idonei a misurare l’eventuale impatto asimmetrico della globalizzazione a livello regionale e locale e di stabilire che prima di avviare i negoziati commerciali si effettui la valutazione sistematica dell’impatto territoriale.
Tornando al caso Embraco, occorre riformare e rafforzare il fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: più risorse, provenienti dal quadro finanziario pluriennale, minori cofinanziamenti degli stati membri, criteri più flessibili, risposte più veloci, sinergie con altri strumenti.
Solo se l’Europa saprà fare questo, saprà far comprendere che si prende cura dei suoi cittadini in ogni luogo e con uguali opportunità, sarà ancora l’Europa dei diritti e del lavoro garantito a tutti i suoi cittadini.

Micaela Fanelli

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