Elezioni, le sfide nel deserto

A chi è abituato, anche per una fatto anagrafico, a seguire le campagne elettorali molisane, non sarà sfuggito lo strano clima che si è creato all’indomani della presentazione delle liste per le regionali. Dopo un’iniziale ‘tenue-euforia’ (permetteteci l’ossimoro perché è calzante), fatta di conferenze stampa e convention di presentazione, è calato sull’argomento un imbarazzante silenzio. I tabelloni pubblicitari, installati da tempo, sono praticamente vuoti; in passato a meno di un mese dalla tornata elettorale si verificava il problema opposto, con i ricorsi dei vari partiti e candidati, che lamentavano di vedere la loro immagine coperta da quella di altri candidati. E’ solo di qualche anno addietro l’immagine delle ronde notturne, organizzate da adepti dei vari partiti, con tanto di colla e spazzoloni per coprire il manifesto appena apposto da altri, in barba alle regole sull’assegnazione degli spazi stabilite dalle istituzioni; a volte seguivano anche scontri, forse non cruenti, ma tali da alimentare le cronache locali. Si è creata all’improvviso una situazione surreale, un passaggio epocale da uno ‘status’ all’altro repentinamente, come nei migliori film di fantascienza. Le folle oceaniche si sono ‘assorbite’ e sono state sostituite da sale strategicamente ridotte; i candidati non telefonano, i loro addetti a vario titolo non ti fermano in strada e nessuno vive lo stress pre- elettorale con la preghiera che tutto finisca presto e si arrivi alla data delle elezioni. La gente comune è tranquilla, fischietta in strada ed il politico è silente. Non siamo ancora al ‘The day after’ (con le sue varianti), ma uno stato simile di iniziale sbandamento in Molise c’è stato eccome. Nelle parole dei candidati c’è lo stesso entusiasmo di un bradipo che si arrampica sull’albero per sfuggire ai predatori; dicono quattro parole con flemma eccessiva, evitano di organizzare pranzi e cene elettorali e perfino i sorrisi e le strette di mano sono centellinati. Potremmo dire che c’è meno ipocrisia, ma sarebbe solo una parte marginale del problema. Che cosa è successo di tanto grave da determinare l’inversione di tendenza? Non ci sono dubbi che il risultato elettorale delle politiche sia stato eclatante; ma in Molise, più che in tutte le altre regioni, quello che colpisce è il ‘dopo’. Un sistema di potere e controllo dell’elettorato consolidato da quarant’anni è imploso, portando nel crollo tutta al struttura sottostane. I politici sono allo sbando, i consulenti non sanno da chi andare a parlare e centinaia di adepti che si aggiravano nelle segreterie, non si sa neanche a quale titolo, ora vagano nel vuoto assoluto, non avendo più ruolo e funzione, ma soprattutto in vacanza totale di potere. Il discorso non vale proprio per tutti, se è vero che alla convention dei Cinque Stelle si è registrata folla ed entusiasmo; non a caso sono quelli che non hanno sotto struttura, ma rapporto diretto con la gente. L’impressione è che gli altri vivano una ‘moderata rassegnazione’ (ossimoro n.2) nell’attesa che un ciclone li travolga o nella speranza che questo, nel cammino fino al 22 aprile, si trasformi in brezza moderata. Nel frattempo fanno il minimo sindacale, giusto per far sapere all’elettore che loro ci sono, nonostante tutto.

Stefano Manocchio

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