“Il veleno del Molise”, intervista a Paolo De Chiara

Paolo-De-Chiara1Rifiuti tossici, eolico selvaggio, inquinamento, illegalità. A pensarci sembra quasi impossibile che tutto questo, e altro, sia presente nella nostra piccola regione di cui continuiamo a decantare ambiente incontaminato, bellezze archeologiche, tesori storici. Eppure tutto questo ci tocca da vicino, anzi ci siamo cresciuti. Credo che sia importante mantenere alta la guardia quando si parla di deturpazione del territorio, avvelenamento delle terre e dell’aria, aumento di patologie tumorali. Ciò che siamo è frutto del lavoro di chi ci ha preceduti, ma noi cosa lasceremo? Dopo Michele Mignogna, Lucia Navone e Domenico Iannacone un’altra voce autorevole del giornalismo di inchiesta, Paolo De Chiara autore dei libri ” Il coraggio di dire no. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta” e “Il veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici”.

Paolo vorrei iniziare la nostra chiacchierata con una domanda: perchè in Molise manca il giornalismo di inchiesta, e quale importanza riveste la presenza della politica ?
Vedi quando incontro le persone cito sempre un intervento tratto da “La scomparsa dei fatti” di Travaglio, e in Molise è successo questo i fatti sono stati sostituiti dalle opinioni. << Perchè sono scomparsi i fatti? chi nasconde i fatti è perchè non li conosce, è impreparato, sciatto, non ha voglia di studiare di informarsi di approfondire, una delle motivazioni>>. Ma anche perchè probabilmente si ha paura, delle querele, delle cause civili. Si c’è da non sottovalutare il collegamento forte tra informazione e politica, che non si è mai scisso in regione. Come si possono informare i cittadini se diversi giornalisti continuano ad avere incarichi a livello regionale, provinciale o all’interno di aziende? Il problema è che il controllore e il controllato continuano ad andare sotto braccio. Molti, non tutti, i colleghi dovrebbero capire che i giornalista è un cane da guardia e non un cane da compagnia o da riporto”.
Si perde anche la qualità del “giornalismo” in questo modo?
“In Molise manca la formazione, mancano buoni maestri, chi fa giornalismo è il più delle volte un autodidatta, deve imparare da solo, investendo sul proprio futuro“.
Veniamo a te. Cosa ti ha spinto a scrivere ” Il coraggio di dire no. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta”?
“C’è stato un episodio che ha dato il via a questo lavoro. Durante una conferenza stampa delle forze dell’ordine a Campobasso era presente anche l’attuale Procuratore Antimafia D’Alterio, esperto in antimafia in quanto pm che chiuse il caso dell’omicidio di Giancarlo Siani, e in quella sede disse < per noi Lea Garofalo è morta>>. Questa fu la molla che mi fece intraprendere delle ricerche. Non c’erano articoli sulla storia di questa donna, decisi di raccogliere testimonianze, documentazioni, le sentenze, i lavori dei magistrati”.
Quale è allora l’obiettivo di questo libro?
Non so se c’è un obiettivo. So che è fondamentale far conoscere questa storia, perchè parliamo di una donna nata in ambiente di ndrangheta, figlia di un boss, sorella di un boss e sposa di un boss, che si ribella. Fin dalla culla respira l’aria di questa organizzazione più potente al mondo, le uccidono il padre nel 1975 , le uccidono il fratello, nel 2005, che aveva preso il posto del padre , boss di Petilia Policastro dedito al controllo dell’attività malavitosa nel centro lombardo, checchè ne dica qualche rappresentante delle istituzioni come l’ex ministro Maroni che ha chiesto una puntata riparatrice a Fazio e Saviano per rispondere alle denuncia sulla presenza delle mafie al Nord, che in realtà erano già presenti da 40 anni, gli inquirenti infatti parlano della “fortezza” della ndrangheta dove avevano le loro attività. Questa donna è stata abbandonata dallo stato, dalla Istituzioni e anche dall’informazione. Pensa che sei mesi prima di essere uccisa, un mese prima del tentativo di sequestro a Campobasso nel 2009, scrive una lettera ala indirizza al capo dello Stato al Quirinale e agli organi si stampa nazionali, nessuno pubblicherà questa lettera, attenderanno la morte di questa donna, e attenderanno al morte di Lea anche per sgomberare il quartiere in viale Montello a Milano, e ancora per arrestare 17 personaggi legati ad una organizzazione criminale. Dal 2002 al 2009 Lea ha collaborato con lo Stato, ma le sue parole non vennero prese in considerazione , si è dovuto aspettare la sua morte. Per questo il coraggio, questa donna da sola senza l’aiuto di nessuno con una figlia piccola, è riuscita a sconfiggere un intero clan di ndrangheta, oggi gli autori di quel delitto sono tutti in carcere con una condanna all’ergastolo. Questo è l’esempio che ci può far capire che tutte le persone perbene possono fare molto contro queste organizzazioni criminali”.
Però io un obiettivo lo vedo, quello del coraggio a non essere omertosi.
“Effettivamente è così, deve passare il messaggio di avere il coraggio di denunciare. Vedi la storia di Lea Garofalo può essere paragonata a quella di Impastato con una differenza uno si occupava di politica l’altra non ha avuto la formazione politica, anche se aveva uno spirito critico nei confronti della vita. Ho recentemente intervistato il procuratore della Repubblica di Palmi che si è occupato di un ‘altra tragica vicenda quella di Maria Concetta Cacciola, uccisa perchè voleva svelare i segreti dei clan della ‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro. I capimafia temevano soprattutto la possibile emulazione di altre donne, segregate e costrette a vivere in famiglie mafiose, che avrebbero potuto seguire la strada tracciata da Maria Concetta Cacciola, storia simile a quella di Lea Garofalo”.
Da Lea Garofalo a Il Veleno del Molise. Ma è stato davvero Schiavone a far scoppiare ” la bomba Molise” o c’erano stati segnali precedenti a questo ormai famoso dossier?
“L’audizione di Schiavone del 1997 chiusa in un cassetto? Del Molise non dice nulla. Basta leggere quelle 60 pagine, lui parla della presenza dei Barbellino in provincia di Isernia. Non ci voleva un “tradito di camorra”,come lui si definisce tradito dal cugino Sandokan, per sapere quello che già si sapeva. A me ha divertito molto questo polverone mediatico, la scoperta del segreto di pulcinella, che per 15 giorni ha tenuto banco. Schiavone non ha indicato nessun sito in Molise, è stato divertente anche seguire i nostri governanti che continuavano a dire molisani non vi preoccupate andremo a scavare nei siti indicati da Schiavone. Significa che abbiamo una classe dirigente che non legge nemmeno le carte, l’unica cosa interessante di quella audizione che riguarda il Molise è il richiamo agli allegati. Schiavone parla di due ditte, fallite, con sede a Venafro. Nessuno lo ha mai scritto ma esiste una informativa di 300 pagine dei Carabinieri, una operazione iniziata nel 2005 e conclusa nel 2007, in cui c’è scritto che nel Nucleo Industriale Isernia Pozzilli ci sono “cose strane”, ossia personaggi strani :<< Di fatti delittuosi registrati in Molise, c’è anche la famiglia Ragosta che ha investito ingenti somme di denaro in questo territorio, non soltanto proviene da un’area geografica in cui tutte le attività imprenditoriali sono di fatto gestite, controllate o assoggettate alla criminalità organizzata>>. La situazione è drammatica. Pensa che proprio nella Fonderghisa sono stati sciolti i carri armati provenienti dalla ex Jugoslavia, pieni di uranio impoverito. Terreni sono stati riempiti da tonnellate e tonnellate di materiale di scarto dell’altoforno della Fonderghisa. C’è poi un terreno a riposo dove sono stati sversati rifiuti pericolosi , a Venafro, attorno al quale scavano, ma questo è lasciato a riposo. Sempre le forze dell’ordine parlano di radioattività, di sodalizio mafioso, di reati commessi in Molise, del traffico di armi e stupefacenti. Non ci voleva una mente eccelsa per capire cosa stava succedendo”.
Quindi con Schiavone si è alzato il polverone, ma si sapeva già cosa succedeva in Molise.
“Ti rispondo dicendo che nel 1988 un ex magistrato, un ex componente della Commissione antimafia, un ex senatore, Ferdinando Imposimato , il fratello dell’Imposimato ucciso dalla camorra nel 1983, rilascia un’intervista ad Antonio Sorbo dicendo attenzione la Camorra sta venendo nella vostra regione per infiltrarsi nel tessuto economico. Ebbene non c’è stata in quella occasione tutta la baraonda come oggi”.
Paolo altro problema legato alla tossicità delle sostanze è l’aumento dei casi di patologie tumorali, spaventosamente salito in Basso Molise ma non da trascurare anche nell’Alto Molise. Io attendo ancora il famoso”Registro dei Tumori”.
“Ti rispondo partendo da un’intervista fatta pochi giorni fa al Sindaco di Pozzilli che mi ha detto : << tutti sapevano cosa succedeva in questa regione. Noi avevamo due cose importanti: Fonderghisa e Rer, due fonderie. Penso che la Fonderghisa fino a un certo punto è stata controllata, come la Rer. Poi i controlli non ci sono più stati. L’attivazione del controllo ci deve essere sempre. Le denunce sulla zona industriale sono state fatte, il problema è che non si è mai denunciato quello che accadeva fuori dalla zona industriale>>. Dicevi bene, la situazione è preoccupante. L’unico studio in Molise una indagine epidemiologica su ambiente e salute realizzata dalla Fondazione Don Milani si è cercato di mettere nero su bianco i dati drammatici in Basso Molise, ma come dicevi tu anche nell’Alto Molise la situazione è allarmante. Il registro dei Tumori? E’ stato finanziato per la quarta volta, ma quando sarà ufficializzato, ci vorranno altri anni per avere i primi risultati. Non dimentichiamo che nel 2012 il Ministro Clini ha inviato una lettera di rimprovero all’ex Governatore Iorio dicendo che dal 2002 la Regione Molise non ha svolto la classificazione delle zone in funzione del livello di inquinamento riscontrati negli anni. Questo significa che un Ministro ha certificato che in Molise per 10 anni non sono stati effettuati i controlli ma sono state autorizzate aziende che hanno inquinato senza alcuna analisi. Ma siamo nel 2014 e cosa è cambiato? Vogliamo parlare anche dell’eolico selvaggio? Siamo l’unica regione che ha la legge Berardo, proposta da un ex presidente del Campobasso Calcio… “.
Tutti sapevano, Schiavone, mafia, veleni. Paolo secondo te i colpevoli verranno puniti?
“A questo punto credo che la cosa importante sia stare attenti alle bonifiche, stiamo parlando oggi di rifiuti sversati 20, 30 anni fa, e oggi ne paghiamo le conseguenze. Ma chi sta organizzando le bonifiche? Chi le sta gestendo? Non so se saranno “trovati” e puniti i responsabili, so che c’è una legislazione che fa acqua da tutte le parti su questi tema. La prescrizione scade dopo 4 anni, per noi giornalisti, se veniamo denunciati per diffamazione a mezzo stampa, la prescrizione scatta dopo 7 anni! Si sono d’accordo anche con Domenico Ianaccone parliamo di uno Stato che conosce e non informa i cittadini, che non punirà se stesso, le responsabilità sono tante e forti”.
Paolo dopo tutto quello che ci siamo detti qualcuno dirà che facciamo “allarmismo”. Ma credo che bisogna tenere alti i riflettori su questi temi e avere maggiore consapevolezza.
Vedi tutto quello che abbiamo detto è documentato, e torniamo alla frase ” tutti sapevano”. Dicevamo all’inizio che il giornalista deve cercare e informare, ma in questo caso dobbiamo iniziare a fare tutti i cittadini, non delegare sempre alle forze dell’ordine o ai magistrati, che fanno un lavoro eccezionale. Dobbiamo iniziare a denunciare situazioni che ci sembrano particolari, ma se i cittadini non conoscono quali rischi stanno correndo come fanno a denunciare? Dobbiamo prendere coscienza di ciò che è stato fatto e stare attenti a ciò che viene fatto ora. L’allarmismo è fondamentale, senza allarme sociale non può esserci la reazione della popolazione. Anche Paolo Borsellino diceva << parlatene sempre, in televisione in radio e riaccendere la speranza>>”.

Mariateresa Di Lallo

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