Il gigantesco conflitto di interessi della sanità molisana

conflittoOrmai i privati la fanno da padrone: sono loro a dettare i numeri e le strategie- E soprattutto  sistemano i loro uomini nei posti che dovrebbero controllare e sorvegliare la loro attività

La sanità molisana è ormai nell’occhio del ciclone. Noi lo avevamo  previsto e oggi che i nodi vengono al pettine la previsione si rileva quanto mai esatta. La nuova bufera si scatena quando il free lance Michele Mignogna (che, secondo un vezzo tutto molisano, nessuno cita ma poi tutti gli rispondono ) “scopre” una determina dirigenziale del manager (in uscita) dell’Asrem, Angelo Percopo. In questa determina in pratica Percopo individua le liste di esuberi che, per legge devono essere approvate entro l’anno precedente a quello di avvio della procedura di riduzione del personale. Ma è un dato di fatto che in pratica dagli esuberi si capisce chiaramente come gli ospedali di Larino e Venafro vengano chiusi. E fin qui nulla quaestio.

Il destino di Larino e Venafro è segnato da tempo e non potrebbe essere diversamente. La struttura di Larino, ad esempio, ha una superficie enorme e solo la  manutenzione ordinaria ha dei costi semplicemente improponibili. Cinque ospedali generalisti, più due ospedali privati (Neuromed e Cattolica) il Molise non se li può permettere. Ma se questo è il punto di avvio, la vicenda si complica con il passare dei giorni. All’inizio la questione è politica. Tutti si dissociano da tutti, maggioranze, opposizioni, comitati e sottocomitati. Vecchi tromboni e trombati della politica (quelli che realmente ci hanno portato a questo punto) concionano su facebook di approcci ragioneristici e sollecitano ricette vecchio stile: andiamo a Roma con la caciotta in mano e puntiamo i piedi, dateci i soldi. Ma la cassa del mezzogiorno non c’è più e il vecchio e corrotto sistema democristiano sta finendo nel tritacarne della storia. E come spesso succede, pian piano dalla chiusura dell’ospedale di Larino e di Venafro si comincia a ragionare in prospettiva più ampia. Perché la sanità molisana è combinata così male? Leggiamo dall’ultimo verbale dell’ ormai famoso tavolo tecnico ministeriale.”Per l’anno 2013 la regione e l’advisor stimano un disavanzo prima delle coperture di 46 mln di euro. Tale proiezione chiudere evidenzia il permanere anche sull’anno 2013 di un disavanzo non coperto, valutabile in circa 24 mln di euro che si aggiunge al disavanzo non coperto a tutto il 31/12/2012. Tavolo e Comitato valutano non più procrastinabile la definizione della programmazione per gli anni 2013-2015”.  Quindi la sanità molisana chiude anche il 2013 in deficit, e non di poco. Ai soloni degli approcci ragioneristici vorremmo solo ricordare che lo stato italiano spende per la sanità molisana oltre 500 milioni di euro l’anno, soldi che i molisani, se volessero dichiarare l’indipendenza, non potrebbero mai riversare annualmente nella fornitura di servizi sanitari. Ergo se il governo ci chiede di fare un po’ di ordine nei conti della sanità non ha tutti i torti. Anche perché la gestione di questi soldi non è sicuramente lineare. Vediamo un po’ cosa dice il governo e il suo tavolo. “in considerazione delle criticità rappresentate sulla situazione patrimoniale, Tavolo e Comitato evidenziano una mancata riduzione dei tempi di pagamento che continuano ad essere prossimi ai 900 giorni”. Un fornitore della Asrem, quindi, se è fortunato viene pagato dopo due anni e mezzo. Ma poi si arriva, piano piano, al nucleo centrale della questione. Che è, inutile ripeterlo, il rapporto tra sanità pubblica e sanità privata. Nel Molise questa dicotomia, che si traduce in un gigantesco conflitto o commistione di interessi è la cifra prevalente da cui bisogna partire per fare ordine. Il problema è che, nel vecchio sistema, la sanità pubblica era (ed è) una enorme fucina di clientele, voti e soldi per i politici e la classe dirigente al potere. La sanità privata aveva larghi spazi, ma anch’essa alla fine rappresentava  una diversificazione della politica e dei poteri forti della politica. L’Istituto Neuromed ad esempio è di proprietà della famiglia dell’eurodeputato Aldo Patriciello, mentre l’Università Cattolica fa riferimento alla potentissima lobby della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) e dell’arcidiocesi di Milano. Per quanto anomalo (la sanità privata non è un’attività imprenditoriale reale, non c’è il rischio di impresa ed è tutt’al più è assimilabile al concessionario di pubblici servizi) il ruolo del privato convenzionato, con una sanità pubblica così clientelizzata, poteva avere qualche linea di interesse. Ma oggi i soldi sono finiti e i processi devono essere ricondotti alla  normalità. La prima questione è che il privato ha un senso solo ed esclusivamente per attività, segnatamente quelle di ricerca e di eccellenza, che il pubblico non conduce. E qui casca il primo asino. Tutti i privati molisani svolgono, affianco ad attività di vera ricerca, anche cure e terapie perfettamente sovrapponibili a quelle erogate o erogabili dai soggetti pubblici. Ma questo consente fatturati importanti alle aziende private che c erogano anche servizi francamente banali, come radiografie o prestazioni ambulatoriali. Ma vuoi per la farraginosità delle strutture pubbliche vuoi per il peso politico di quelle private lentamente il sistema sanitario molisano è diventato dipendente dai privati che hanno acquisito un potere di interdizione  consistente. E i sintomi sono sotto gli occhi di tutti. Vediamo cosa dice il tavolo tecnico rispetto alla Neuromed e alla prestazioni ambulatoriali dalla stessa erogate “Il Commissario precisa che ad oggi resta da erogare alla struttura Neuromed solo il saldo delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, il cui titolo alla corresponsione è condizionato all’esito positivo dei controlli tecnico-sanitari relativi all’appropriatezza delle prestazioni assistenziali ad oggi ancora in corso di espletamento. Tavolo e Comitato chiedono chiarimenti in ordine al ritardo dei controlli essendo ormai a fine 2013”. Per capirci: mentre un fornitore della Asrem deve aspettare 900 giorni Neuromed va pagata addirittura in corso di anno e il tavolo tecnico sprona la Regione ad accelerare, perchè il 2013 sta finendo. Ma queste sono quisquilie di fronte alle vere partite. Che sono di due tipi: la prima quantitativa, la seconda qualitativa. Secondo le ultime proiezioni sul totale dei posti letti disponibili nel Molise dopo la riorganizzazione i privati con intesta ovviamente Neuromed e  cattolica ne dovrebbero avere circa il 30% se non di più. E, come ha meritoriamente scoperto il gruppo di lavoro sulla sanità del Movimento Cinque Stelle il manager inviato da Roma carmine Ruta si è bruciato ogni possibilità di lavorare in Molise quando ha proposto una drastica riduzione dei posti letti proprio a Neuromed (un taglio draconiano, 80 posti letto) e Cattolica. Lì sono terminate le prospettive lavorative molisane di Carmine Ruta. Il secondo aspetto, ancora più insidioso è di tipo qualitativo. E riguarda gli uomini che devono gestire la sanità molisana ed il suo enorme flusso di risorse. Che come in un fiume carsico sono tutti uomini che arrivano sottotraccia tutti dalla sanità privata e dai due principali player nel Molise, Neuromed e Cattolica. Questo è quello che dice il tavolo tecnico sul nuovo dirigente della sanità Antonio Lastoria. “Il Commissario, nella nota in oggetto, conferma il rapporto di dipendenza tra il dott. Lastoria (nominato Direttore Generale della Salute) e l’Università Cattolica, ente privato, che svolge funzioni regolate e finanziate da enti pubblici, finanziato in particolare dalla regione per le attività svolte prima dal Centro di ricerca, poi dalla Fondazione, costituita dalla stessa Università Cattolica, che si avvale a livello operativo dello stesso Centro di ricerca e formazione già esistente, così come riportato nello statuto della Fondazione. Sia il Centro di ricerca sia la Fondazione sono dirette emanazioni dell’Università Cattolica, tant’è che la stessa Università nomina i vertici delle strutture. La Regione Molise, peraltro, gestisce in via diretta i rapporti con la predetta struttura privata accreditata nei confronti della quale svolge altresì attività di controllo e di attribuzione dei piani delle prestazioni e dei relativi budget. Dall’avvio del Piano di Rientro della Regione Molise si è registrato un copioso contenzioso, ancora in parte pendente, instaurato dalla Università (quale gestore del suddetto Centro) contro la Regione. In tale stato di cose non può non segnalarsi che, essendo il dott. Lastoria dipendente, seppur in aspettativa, dell’Università Cattolica, ed essendo la Fondazione di diretta emanazione dell’Università Cattolica, tanto che si avvale del Centro di ricerca preesistente per la gestione operativa e l’erogazione di prestazioni sanitarie remunerate a carico del Servizio sanitario regionale, potrebbero configurarsi ipotesi di inconferibilità previste dall’art. 4 del d.lgs n.39/2013. L’inconferibilità, ai sensi dell’art. 1, let. g) del citato decreto legislativo n. 39/2013, determina la preclusione permanente o temporanea a conferire gli incarichi previsti dal medesimo decreto”. Ma il caso di Antonio Lastoria (persona peraltro stimabile e corretta, entrata anche in rotta di collisione con l’attuale gerenza della Fondazione Giovanni Paolo II) è solo un esempio. La permeabilità tra controllori e controllati è un classico del sistema sanitario molisano e potrebbe raggiungere un suo apice con la nomina alla direzione generale dell’Asrem dell’ex consigliere regionale del Pci (si proprio quello di Berlinguer e della guerra fredda) Giovanni Di Pilla. Ma di questo e di altro parleremo nel prossimo episodio.

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