Consip, la deposizione boomerang che inguaia Arma e politici

Nella drammatica retromarcia di Ferrara sulla fuga di notizie, il sospetto di un cedimento a pressioni per ritrattare la prima versione

di CARLO BONINI www.repubblica.it

Se su Consip era stata consigliata o commissionata in extremis un’operazione di salvataggio giudiziario che in qualche modo provasse a ridurne il danno politico, l’esito è una catastrofe. L’iscrizione al registro degli indagati di Luigi Ferrara, presidente di Consip, con l’accusa di aver mentito nella deposizione di venerdì scorso al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Mario Palazzi, trascina infatti nell’abisso di un’inchiesta che promette di non lasciare nessuno con le ossa intere proprio chi in quella testimonianza doveva trovare una via di uscita. Il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette. Non solo. A catena, finisce con l’irrobustire la complessiva ipotesi di accusa formulata dalla Procura di Roma secondo cui, tra l’estate e l’autunno del 2016, intorno all’inchiesta principale sugli appalti Consip allora condotta dalla Procura di Napoli, ufficiali di vertice dell’Arma (Del Sette, appunto, e il comandante dei carabinieri in Toscana Emanuele Saltalamacchia), nonché l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e oggi ministro dello Sport Luca Lotti, si resero responsabili di una insistita fuga di notizie che, per mettere politicamente al riparo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, avrebbe dovuto sterilizzare l’invasività dell’indagine allora condotta dal Noe dei carabinieri con uso sistematico di intercettazioni telefoniche e ambientali.

Eppure, le premesse di quanto accaduto tra la sera di venerdì (giorno della deposizione di Ferrara) e il complicato week-end che lo ha seguito (con ledimissioni dello stesso Ferrara dopo la sua iscrizione al registro degli indagati) erano in qualche modo chiare. Il presidente di Consip era chiamato a riferire alla Procura di Roma su quelle stesse circostanze messe a verbale da lui stesso una prima volta con i magistrati napoletani e confermate, in due successive deposizioni (a Napoli prima, a Roma poi) dall’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni. “Il Presidente Ferrara – aveva spiegato Marroni – mi disse di aver appreso, in particolare dal comandante generale dell’Arma, generale Tullio Del Sette, che c’erano indagini dell’autorità giudiziaria che riguardavano l’imprenditore Alfredo Romeo, dicendogli di stare attento”. Ebbene, venerdì sera, di fronte ai pm di Roma, Ferrara, con un gesto privo di una qualsivoglia logica, consegna se stesso e l’uomo di cui dovrebbe o vorrebbe alleggerire la posizione (il generale Del Sette) al peggiore degli esiti. Con una ritrattazione che non vorrebbe essere tale, ma che tale finisce con l’essere. Prova infatti a depotenziare le sue dichiarazioni ai magistrati di Napoli confermando sì di aver parlato con Del Sette di Afredo Romeo. Ma non proprio nei termini riassunti nel verbale dei pm di Napoli.

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