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Varie ed eventuali/ I cantieri infiniti della Bifernina

di Pietro Colagiovanni

Vado spesso a Termoli, praticamente tutte le settimane, anche più di una volta. E sono circa quattro anni, durante le lunghe attese dei semafori posti lungo i cantieri che interessano la strada, che osservo i lavori. La prima cosa che penso è che sto invecchiando e che mi sto adeguando al nuovo ruolo che la mia età mi riserva. Quindi noto un’attrazione fatale per l’attività che si svolge nei cantieri, un’attrazione che  non avevo mai notato prima. E già mi vedo , magari con una camicia a quadri ed un pantalone beige, con le mani rigorosamente dietro la schiena, leggermente inclinato, a guardare ed osservare lavori in corso, cantieri, scavi e quant’altro il mondo dell’edilizia possa offrire ad un pubblico di anziani. Scacciato questo primo fastidioso pensiero passo ad altre notazioni, frutto della mia esperienza di frequentatore della Bifernina negli ultimi  anni. Primo. Se per 50 anni non fai nemmeno un lavoro su una strada importante  è ovvio che, magari dopo la tragedia di Genova, quando decidi finalmente di vedere lo stato della strada constati che è un vero e proprio disastro. Secondo punto. Perchè l’Anas , azienda pubblica che drena somme immense ogni anno dalle tasche dei contribuenti, si accorge che la Bifernina è a pezzi solo dopo 50 anni?  Domanda ovviamente senza risposta plausibile, forse senza risposta e basta, Poi cominci a guardare questi cantieri, chilometrici. E cominci a calcolare la media di operai che operano per metro  di cantiere. Ripeti le tue osservazioni ogni settimana, visto che più o meno sono costanti gli orari di attraversamento. Tiri le conclusioni e constati come il rapporto operai/metro quadro di cantiere sia un numero infinitesimale, con almeno tre zeri dopo la virgola. In pratica più o meno c’è un operaio  ogni chilometro di cantiere. A volte non c’è nessuno , a volte c’è qualcuno che pulisce i detriti con una scopa, a volte ci sono un paio di lavoratori sperduti che cercano istruzioni sul da farsi. Si tratta della stessa atmosfera di uno spaghetti western, e il cantiere desolato e battuto dal vento è più adatto ad un duello tra cowboy che non ad una fattiva operazione di messa in sicurezza di un importante arteria stradale. Poi dici che la Cina è un paese molto avanti rispetto a noi. Ma mentre lì sono stati capaci di costruire una stazione ferroviaria in una notte, mandandoci un migliaio di lavoratori (c’è il time lapse su Twitter se qualcuno non ci crede)  nel Molise siamo ai lavori generazionali, ossia che si tramandano di padre in figlio. Fai poi un’ultima considerazione. Non hai sentito nessuno, governo regionale, assessori e presidenti, delegazioni parlamentari, opposizioni varie ed assortite,  extraparlamentari di destra e/o di sinistra, anarchici, movimenti della società civile  e movimenti della società incivile, dire ma neanche su una situazione kafkiana e imbarazzante come quella della Bifernina. In altri posti si sarebbero organizzate proteste, iniziative clamorose per sbloccare la principale arteria di comunicazione di una regione. Qui nel Molise nulla, zero e porto zero. Sono più importanti evidentemente le diatribe sulle nomine nella comunità montana soppressa e soppressata. E poi a sfregio ti tocca pure vedere la magnificazione del turismo molisano, la sua presenza alla Bit, il suo esistere a dispetto di tutto e di tutti. Il Molise esiste, è certo,  ma oggi è  bloccato dietro un semaforo sulla Bifernina.

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