Elezioni comunali del 5 giugno: nessuna sorpresa, la fine è vicina

La strada è segnata, e come non mi stancherò mai di dire, non ci si può opporre. I risultati delle elezioni comunali del 5 giugno ribadiscono un quadro di riferimento politico ed economico molto chiaro e dagli esiti prevedibili. Esiti che ormai cominciano a poter essere attesi nel numero dei giorni, non più degli anni. I risultati del 5 giugno vanno come sempre inquadrati in un ambito un po’ meno provinciale di quello italiano o del pro o contro Renzi. Il mondo intero (la nomination di Trump in America ne è uno dei segni più vistosi) non è più in equilibrio. La distribuzione dei redditi è completamente sballata e privilegia chi governa, le cosiddette elite, che non gestiscono le risorse comuni secondo un’ottica lungimirante ma secondo una logica miope, cercando di comprare con le risorse pubbliche il consenso elettorale e cercando di prenderne per sé e per le proprie famiglie una fetta sempre più consistente. Nel secondo dopoguerra del XX secolo questo modello poteva funzionare perché le epocali distruzioni della seconda guerra mondiale avevano ricreato un equilibrio, al prezzo di milioni di morti e di intere nazioni ridotto in macerie. Poi lo squilibrio si è progressivamente ricreato e il momento topico in cui l’instabilità mondiale si è manifestata è stata la caduta del muro di Berlino nel 1989. Da allora lo squilibrio si è progressivamente accresciuto e ci sono, per chi ne volesse la riprova matematica, una marea di statistiche economiche dei principali paesi occidentali a confermarlo e dargli validità scientifica. Peraltro nell’ultimo ventennio lo squilibrio ha accentuato la sua corsa grazie alla progressiva innovazione tecnologica che ha deflazionato (in pratica ridotto ai minimi termini) il valore del lavoro umano, l’unico valore tra virgolette democratico perché legato alla semplice esistenza fisica di un individuo. Il combinato disposto di queste due forze sta portando ad un cambiamento epocale della nostra società. Siamo sulle soglie di una vera e propria rivoluzione, una rivoluzione non solo politica ma dello stile di vita e dei modi vivere che non si conosceva probabilmente da secoli. Se questo è il quadro (ed è questo al 100%) l’Italia, come le altre nazioni occidentali, arriva completamente impreparata al momento cruciale. Non abbiamo leader visionari ma controfigure, a volte dalla parlantina inutilmente sciolta (Matteo Renzi) a volte dal loden da curatore fallimentare (Monti). Con questa classe dirigente non si va da nessuna parte, non ci prepara allo tsunami che ci colpirà, e la gente, che vota con i piedi, comincia a capirlo. In Italia però le risorse intellettuali non mancano ed a volte abbiamo anche qualche colpo di fortuna.

L’unico partito rivoluzionario, insieme allo spagnolo Podemos, che sta raccogliendo grandi consensi elettorali è il Movimento Cinque Stelle italiano. Le Pen, Trump, i neonazisti austriaci ed altri non sono infatti veri movimenti rivoluzionari, perché reagiscono istintivamente ad una situazione di disagio ma non hanno alcuna consapevolezza delle radici del disagio. Sono come un’aspirina, curano i sintomi ma non la malattia. Per fare una vera rivoluzione, come ha insegnato Lenin, invece bisogna studiare, bisogna capire la logica del cambiamento, bisogna avere cultura e profondità di studio . E il Movimento Cinque Stelle, grazie alla visione che aveva il suo compianto fondatore, Gianroberto Casaleggio, questa cultura rivoluzionaria ce l’ha . infatti la prima proposta del movimento è stata il reddito di cittadinanza, primo passo, indispensabile, per affrontare il problema dei robot e della distruzione progressiva di milioni di posti di lavoro. L’affermazione della Raggi a Roma, città particolarmente devastata da decenni di pessima amministrazione pubblica, ci conferma la bontà dell’iniziativa politica di Casaleggio e Grillo e la solidità delle basi su cui il movimento è stato costruito.

Certamente il Movimento Cinque Stelle ha capito l’evoluzione della storia e cosa sta succedendo, sta proponendo nuove figure non compromesse con un passato ormai vetusto. Sta dalla parte giusta della storia, ma questo non garantisce che saprà governare il cambiamento della storia. Intanto è una luce in un panorama altrimenti fosco. Un panorama in cui però esiste una sola certezza: la storia non si fermerà davanti a nulla e nessuno riuscirà mai a fermarla.

Ps: Per i lettori molisani una chiosa locale. L’esito delle comunali segnala solo la frammentazione politica in cui questo piccolo territorio vive. Lotte tra piccoli feudatari, valvassini contro valvassori e poco altro. La storia del Molise d’altronde ci dice che non è nel suo Dna un protagonismo politico, né forse ha le risorse per metterlo in atto. Per cui qui si va avanti con le consuete metodologie politiche, a metà tra il clientelismo e a volte il cretinismo. Poi accadrà quello che dovrà accadere, perché il cambiamento arriverà anche in questo lembo di terra piuttosto penalizzato dagli uomini più che da Dio (il Molise è molto bello come paesaggio e risorse naturali). Bisogna solo aspettare.

(P.C.)

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