Privatizzazioni, la protesta della Cisl Poste

CISL Poste: BASTA regalare soldi. BASTA svendere questo Paese. SÌ ai servizi in funzione del cittadino e non dei profitti”.

Come SLP – CISL – riferisce il Segretario Antonio D’Alessandro – abbiamo iniziato ad occuparci delle privatizzazioni nel momento in cui è stata interessata Poste Italiane S.p.A., e adesso con la tragedia del crollo del ponte Morandi è necessario approfondire l’argomento.  Già da diversi anni ci poniamo l’interrogativo: chi beneficia delle privatizzazioni se non sono gli italiani?

Come SLP-CISL – continua Antonio D’Alessandro – ci siamo battuti contro l’ulteriore privatizzazione di Poste Italiane S.p.A. e, con tenacia e un pizzico di fortuna, siamo riusciti a impedire l’ennesimo regalo ai grossi potentati economici che fanno capo, con il gioco delle scatole cinesi, a famiglie capitalistiche italiane e ai loro compari nell’Unione Europea. Di questo siamo orgogliosi. Di “privatizzazioni” in Italia, secondo i documenti ufficiali, si inizia a parlare nel 1992, mentre risalgono al 1994 (L. 474/1994) le relative norme che regolano la vendita di società pubbliche, riguardanti sia le quote di capitale sia l’intera partecipazione. Le prime privatizzazioni italiane recavano la firma di Giuliano Amato e Mario Draghi. Lo Stato allora controllava ancora quasi tutto il sistema produttivo e bancario : banche, Poste, ferrovie, l’intero settore aereo, gas, elettricità, acqua, telefonia, autostrade, tanta parte della produzione siderurgica e altro ancora. Le prime privatizzazioni furono spinte dall’urgenza di risanare almeno in parte i conti pubblici. Si partì quindi da subito con Credito italiano e Banca Commerciale Italiana , per proseguire con Telecom Italia e, nel 1999 durante il Governo D’Alema, con autostrade e porzioni di Enel .

Nella Relazione al Parlamento sulle privatizzazioni , redatta dalla direzione Finanza del Dipartimento del Tesoro e pubblicata nel dicembre 2016 , si evidenziò che le somme incassate dallo Stato con la cessione di quote possedute in società varie a partire dal 1994 erano di circa 110 miliardi netti . Tuttavia, se osserviamo l’ andamento del debito pubblico il suo ammontare non solo non si è ridotto per effetto delle vendite delle partecipazioni, ma addirittura è progressivamente aumentato. Anche la Corte dei Conti si è interessata a questo fenomeno e, con uno studio della Corte dei Conti già nel 2010, elabora la propria analisi sull’efficacia dei provvedimenti adottati e segnala un recupero di redditività da parte delle aziende passate sotto il controllo privato. Il recupero che, tuttavia, non è dovuto alla ricerca di maggiore efficienza quanto piuttosto all’incremento delle tariffe di energia, autostrade, banche, ecc., soprattutto con la riduzione della forza lavoro, il tutto ben al di sopra dei livelli di altri paesi europei. A tutto questo aumento, comunque, non corrisponde alcun progetto di investimento volto a migliorare i servizi offerti.

Per questo motivo abbiamo, come SLP-CISL – precisa Antonio D’Alessandro – ci siamo sempre opposti alle Privatizzazioni, poiché le stesse non hanno prodotto la funzione GESTORE PRIVATO= MIGLIOR QUALITÀ , anzi sembra quasi che le vendite dei beni di Stato siano state utilizzate per raschiare il fondo di un barile e far arricchire gli azionisti, con l’effetto di privare di servizi fondamentali la collettività e ridurre la forza lavoro.

Per questo – conclude Antonio D’Alessandro – continuiamo a sostenere che Poste, Ferrovie, Sanità, Acqua e infrastrutture in genere dovrebbero rimanere nelle mani pubbliche, per evitare quel sociale che è ormai visibile a tutti. BASTA regalare soldi. BASTA svendere questo Paese. SÌ ai servizi in funzione del cittadino e non del profitto.

Il Coordinatore Molise SLP-CISL

(Antonio D’Alessandro)

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