La raccolta è avviata, ma sarà un buon affare investire in PIR?

Già da alcuni mesi si sente parlare di “PIR”, ma non tutti sanno che si tratta di un nuovo prodotto finanziario introdotto nella Legge di Stabilità 2017 al fine di dare nuove opportunità all’economia reale e nel contempo ai risparmiatori.

Il fenomeno della disoccupazione, molto evidente anche nella nostra regione, la crisi del sistema bancario, il lungo periodo di buio economico delle medie e piccole imprese, sono gli elementi di base che hanno indotto lo Stato, imitando altri Paesi, a collegare aziende e risparmiatori, facendo in modo che questi ultimi mettessero a disposizione le proprie risorse in favore delle prime. Noi italiani, notoriamente, ci comportiamo come le formiche. Racimoliamo oggi per non soffrire in futuro, specialmente in periodi di conclamata incertezza politica ed economica. Però, con i depositi ad interesse zero, le banche traballanti, i bot non più convenienti, la tassazione su profitti e dividendi al 26%, mettere al sicuro e, magari, ottenere dei proventi dal denaro accantonato, risulta un affare complicato. Non a caso gli addetti ai lavori, attualmente, consigliano ai risparmiatori di lasciar perdere “il fai da te”, e di affidarsi ai mediatori finanziari. Figure professionali che giocano nello stesso ruolo dei direttori di banca, capaci di pianificare le liquidità in base a specifiche esigenze e gestire al meglio il concetto di rischio.

Sul versante delle imprese, invece, l’Italia ha delle eccellenze straordinarie che spesso non crescono come potrebbero, o addirittura muoiono, poiché non trovano la materia prima per finanziarsi. Soprattutto da quando le banche “hanno chiuso i rubinetti”.

Dunque la novità introdotta nella legge di bilancio in corso potrebbe essere un’escamotage per ridare ossigeno alle molteplici imprese medio-piccole, creare nuova occupazione e dare ai risparmiatori più facoltosi un’opportunità di investimento esentasse. Infatti i cosiddetti Piani di risparmio individuali (PIR), offrono ai sottoscrittori la prerogativa di non subire la tassazione sulle rendite se il prodotto viene mantenuto in portafoglio per almeno cinque anni. Ovviamente trattandosi di acquisti in bond ed azioni (di imprese non quotate in borsa) il capitale è a rischio. Inoltre occorre valutare che dovendo tener fermi per almeno cinque anni questi risparmi, bisogna poter contare su altre disponibilità in caso di emergenza. Ed infine è buona abitudine, come in ogni sottoscrizione di investimento, leggere i prospetti informativi per conoscere le commissioni di ingresso e i costi di gestione che, se elevati, potrebbero annullare i vantaggi fiscali.

Rossella Salvatorelli

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