Dossier Immigrazione 2018/ “Il caso Molise tra buone pratiche e scelte sbagliate”

Nel Dossier Immigrazione presentato in settimana presso l’Università del Molise emerge un flusso demografico chiaro. Dal 2013 al 2017 la popolazione è scesa di 6.232 unità e se non interverranno inversioni del trend nel 2060 sarà di 80 mila abitanti in meno con forti rischi di perdita di autonomia istituzionale, sociale ed economica. Questo quadro è parzialmente attenuato dalla presenza di 13.943 cittadini stranieri stabili a cui si aggiungono 3.157 unità che comprendono sia i 619 migranti accolti nei progetti triennali di inclusione sociale SPAR avviati dai comuni per piccoli nuclei distribuiti sul territorio e sia i 2538 profughi e richiedenti asilo ammassati senza criterio nei centri di accoglienza straordinari d’emergenza. Tra i 13.943 stranieri stabili si contano 1.449 studenti su un totale di 40.713, e si registrano n.1.661 titolari di imprese che hanno alle proprie dipendenze sia cittadini molisani che stranieri. E’ indubbio che lo spopolamento delle aree interne ed il costante calo demografico del Molise condanna intere comunità ad una lenta agonia come seppe anticipare il Censis già nel 1991 in una delle tante ricerche commissionate dalla Caritas di Trivento. Basta leggere il libro di Don Alberto Conti “Così in Cielo come in Terra” per avere contezza su 30 anni di studi, proposte, inchieste e attività della Caritas diocesana di Trivento che ha saputo prevedere il fenomeno che oggi ci assilla e che rischia di cancellare paesi, identità, culture, tradizioni, storie e interi territori da ogni ipotesi di futuro.

In un contesto simile meritano massimo apprezzamento le iniziative avviate a Castel del Giudice, Jelsi, Gambatesa, Sant’Elia a Pianisi, Monacilioni e in tanti altri comuni di accoglienza solidale per agevolare l’inserimento socio-culturale e lavorativo di migranti. Solo aprendosi con saggezza e prestando grande attenzione al tema sicurezza e al rispetto delle regole, si potrà restituire un’opportunità a comunità segnate da decine di morti annue a cui non corrisponde alcuna nascita. Lo scontro politico tra aree metropolitane e zone interne favorirà sempre più i grandi agglomerati urbani dove si addensano i numeri da cui dipendono gli amministratori nazionali e regionali chiamati a gestire le istituzioni. Se a ciò si somma la perdita del buonsenso con l’oscuramento delle tante buone pratiche che hanno visto riaprire scuole, salvare classi, preservare attività produttive e tenere vivi territori fragili, non si farà altro che accelerare la morte delle aree interne ed il declino delle regioni più deboli. Per questo è indispensabile evitare che il tema dell’immigrazione venga affrontato da opposte tifoserie e ricondotto a fenomeno globale complesso che se gestito con oculatezza come accaduto a Riace e in centinaia di comuni italiani può contribuire a ricostruire una speranza, una prospettiva e un’opportunità.

Michele Petraroia

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