Coronavirus/ Turismo in crisi, persi 30 miliardi

Il Centro studi sul turismo dell’Università Cattolica ha calcolato per il 2020 una perdita di circa 30 miliardi di euro, con una regressione del settore ai valori di sessant’anni fa, 260 milioni di presenze in meno rispetto al 2019). Il turismo è il settore più colpito dagli effetti del coronavirus, ed è tra quelli che sta ricevendo meno attenzioni, la pandemia ha paralizzato il turismo, rimesso in discussione la globalizzazione, richiamando le contraddizioni ambientali a partire dai 20 mila aerei che viaggiano contemporaneamente nel mondo.   In futuro si dovranno adottare nuovi modelli, nuovi stili di viaggio, più equilibrati per superare i miraggi esotici degli ultimi decenni e rivalutare i tesori domestici. 85% degli alberghi chiusi; azzerate le prenotazioni per la primavera, disdettata buona parte dell’estate, gli operatori cin ginocchio causa mancanza di liquidità, poiché il turismo è un settore che vive di girocassa. Quella che stiamo vivendo è una condizione di emergenza, che non deriva da dinamiche negative di mercato o da crisi di singoli operatori che destabilizzano l’arena competitiva, al contrario, siamo in presenza di una causa di forza maggiore, una pandemia di dimensioni inimmaginabili fino a poche settimane fa, che ha colto tutti di sorpresa, dalle Istituzioni alle imprese fino ai consumatori ed ha bloccato incassi e ciclo di pagamenti, si naviga “a vista”.

Il rimedio è attuare strategie aziendali valutando; impatti finanziari con ricorso al credito e ottenere risparmi, agevolazioni, anticipazioni dal punto di vista strettamente gestionale. Il turismo può rappresentare la cartina di tornasole dei cambiamenti futuri, il settore si basa su spostamenti delle persone e sul desiderio di visitare posti diversi da quelli in cui si vive quotidianamente. Gli imprenditori dovranno chiedersi quali impatti avrà il cambiamento delle abitudini dei consumatori, soprattutto se ci sarà riscoperta e valorizzazione della prossimità in contrapposizione all’esoticismo che ha caratterizzato il settore dei viaggi negli ultimi decenni. in armonia con le dinamiche ambientaliste degli ultimi anni e l’Italia dovrà sfruttare tutte le opportunità. Nel breve termine, la domanda turistica sarà inevitabilmente depressa, nessuna strategia potrà avere successo senza una azione nazionale/europea che sostenga la domanda e porti i consumatori a tornare quanto prima possibile alle abitudini precedenti all’epidemia. Il sostegno del Governo al comparto si riduce alla sospensione di ritenute fiscali e contributive, al rinvio della scadenza Iva di marzo, ai voucher per il rimborso dei pacchetti turistici e a un fondo da 150 milioni per il rilancio dell’immagine del Paese all’estero (fondo destinato a cultura e made in Italy, affidato a Maeci e Ice, e non a turismo ed Enit). Ci sono interventi che gli operatori del settore turistico aspettano da troppo tempo; la revisione del cuneo fiscale, per abbattere il costo del lavoro e ridurre il gap competitivo fra Italia e altri Paesi come Grecia e Spagna.

Una sana competizione a livello europeo richiederebbe: uniformità del costo delle risorse, reintroduzione dei voucher, elemento di flessibilità  che tutelava sia l’impresa che il lavoratore, errore madornale abolirli, in particolare nei settori turistico e agricolo caratterizzati da uso di lavoratori temporanei, riduzione del cuneo fiscale, sostegno finanziario da parte degli istituti di credito, per ripartire ci vorrà anche uno stimolo economico a favore dei consumatori. Senza strumenti adeguati, ammortizzatori sociali e sostegno delle banche, la crisi del turismo,13% del Pil, contribuirà in modo rilevante al calo complessivo dell’economia italiana dei prossimi mesi. Il turismo potrebbe ripartire in autunno, bruciando la stagione turistica estiva, oppure potrebbe ripartire lentamente con le prenotazioni estive con calo di presenze intorno del 60%, il turismo balneare domestico ne trarrebbe benefici, grazie alla preferenza di destinazioni meno esotiche e più di prossimità, a patto che si riesca a gestire l’epidemia ,la Cina dimostra che il virus si può (e si deve) debellare, con la collaborazione di tutti. Forse vivremo una stagione turistica estiva più concentrata  che potrebbe iniziare a luglio e prolungarsi fino a settembre, questa crisi accelererà le dinamiche del cambiamento; Digitale, innovazione e sostenibilità parole chiave, per le aziende per offrire nuovi servizi ai consumatori.

L’Italia è uscita sderenata per essere stata la prima nazione europea a dichiarare la diffusione del virus, la classificazione di “Paese untore” è durata poco, tutti i Paesi del mondo stanno affrontando la pandemia con  numeri che hanno avuto una crescita esponenziale nel corso dell’ultima settimana, organismi autorevoli, tra cui l’Oms, riconoscono all’Italia una serietà e una capacità nell’affrontare l’emergenza assente in altri Paesi. Bisognerà promuovere ancora di più il brand “Italia”, riscoprire la prossimità, il km0, la ricchezza del made in Italy, occorre prevedere la centralità del cliente prima del prodotto, interrogarsi sulle sue esigenze, prima di concentrarsi su quello che l’azienda produce. La scarsa considerazione politica nei confronti del settore turistico deriva dalla sua frammentazione: in Italia si contano 33.000 alberghi, con una penetrazione delle catene alberghiere in termini di numero di hotel pari al 5%, caratterizzato da realtà familiari anche con storie di successo alle spalle. Per cogliere le dinamiche del settore, sfruttare le opportunità e affrontare, con risorse adeguate, le difficoltà, è inevitabile puntare sulla crescita dimensionale delle realtà turistiche, catene alberghiere o reti organizzate di operatori del settore.

La frammentazione porta con sé una debolezza intrinseca nel far valere gli interessi di un settore strategico come quello del turismo in Italia. Le proposte del Governo, anche in un periodo eccezionale come quello attuale, dimostrano il vuoto di rappresentanza, di fatto è come se ci fosse un mancato riconoscimento dell’importanza del settore. È assurdo che a livello governativo non ci sia  consapevolezza del ruolo determinante del turismo del tempo libero, in termini di occupazione, nonostante sia un settore altamente ad alta intensità di manodopera; inoltre, è come se si ignorasse il ruolo di promozione e valorizzazione che il turismo ha in riferimento all’attrattività dell’intero sistema Italia, si ha l’impressione che il turismo riguardi solo le attività museali e culturali, gli operatori italiani devono comprendere che nel mondo del turismo “piccolo non è più bello”: ci vuole un cambio di mentalità, è necessario aprire al capitale, cercare una crescita organica o attraverso operazioni straordinarie, seguire un piano industriale, alla fine ne usciremo, a patto che si realizzi una grande alleanza fra Europa, Stato, tessuto imprenditoriale e istituzioni finanziarie, che abbia come obiettivo comune una ripresa rapida di uno dei settori più strategici del sistema economico italiano.

Alfredo Magnifico

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