Call center condizioni vergognose, è l’inizio della fine?

Tra quelli che lavorano in un call center, sette su dieci ( 66,7%) pensa che il proprio lavoro non possa avere un’evoluzione positiva all’interno dell’azienda, altrettanto pessimistiche sono le attese rispetto alle opportunità esterne: nove su dieci ritengono che sia difficile cambiare lavoro e trovarne uno migliore,  una paga oraria tra i 5 e i 7 euro, il 40% la considera deludente.

Una telefonata dietro l’altra, un problema da risolvere dietro l’altro,per chi si trova a gestire le telefonate lo stress è rappresentato dai ritmi, dall’ossessione di dovere chiudere le chiamate entro qualche minuto, la cosa ideale, per gli addetti, sarebbe avere un intervallo, un minuto, tra una telefonata e l’altra, anche quando si tratta di attività di telemarketing le cose non cambiano; le liste dei clienti vengono date dall’azienda, le telefonate vengono sparate in cuffia con un sistema automatico che cerca i numeri, arrivano in cuffia anche i fax con i conseguenti problemi di salute per le scariche di rumore pesante, senza contare che spesso i call center vengono realizzati senza tenere conto delle caratteristiche del lavoro che vi verrà svolto, rumorosità e condizioni climatiche le cause di maggior disagio dei lavoratori.

Il mondo dei Call center è da sempre sotto attacco da parte di; ‘prenditori’ senza scrupoli e dal proliferare, da sempre, di contratti pirata nati con il solo scopo di comprimere i costi, peraltro già bassi, siamo di fronte a una vergogna intollerabile per un Paese civile, per un periodo ho avuto la delega di questo settore, alla proposta di firmare a ribasso un contratto li mandai fraternamente a…. però dopo di me tanti si sono resi disponibili.

Ritmi di lavoro stressanti, pause di pochi minuti e atomizzazione dei rapporti. Solo un lavoratore su quattro spera di migliorare le proprie condizioni. E in questi anni le cose non hanno fatto che peggiorare.

All’inizio ci sono delle aspettative e speranze poi, restano solo  delusioni, per le condizioni di lavoro, per le prospettive professionali, per lo stress continuo e per la paga che rimane sempre troppo bassa, doveva diventare un settore maturo e più “vivibile” pare non avere fatto alcun passo avanti.

Circa 100 mila gli addetti che vi lavorano, con condizioni di lavoro tutt’altro che buone; organizzazione del lavoro, salute, soddisfazione e prospettive, tutto ai minimi, tutto legato insieme in una specie di spirale che si contorce su se stessa.

Solo quattro su dieci si dicono tranquilli per il proprio impiego mentre il 35% si sente precario, uno su dieci dichiara di avere deciso la condizione “provvisoria” in cui si trova, la metà dei lavoratori ha più di quarant’anni e solo uno su cinque di loro non è ancora trentenne, il settore mantiene la sua natura “femminile” (il 77,2% è formato da donne) e sono proprio le donne quelle che, in proporzione, hanno meno accesso alla stabilizzazione contrattuale, questo non per scelta, visto che solo il 12,5% si ritrova “precaria” per volontà.

Il lavoro nei call center mortifica la realizzazione delle proprie capacità professionali e il distacco dal lavoro avviene in maniera più accentuata dove la comunicazione telefonica è soggetta a rigidi limiti di tempo, quelli che ci lavorano da tempo provano i più elevati livelli di insoddisfazione personale.

I call center in regime di appalto oggi sono localizzati nel Sud Italia,che ha sostituito paesi dell’est o india, grazie ai contributi europei molti imprenditori hanno delocalizzato l’azienda in queste aree dove è molto diffusa l’esternalizzazione, frequenti i casi di poca chiarezza tra intrecci proprietari, ambiguità tra esternalizzazione e internalizzazione di servizi e appalti pubblici.

Il settore dei call-center è in crisi da anni, da una parte preme la globalizzazione e dall’altra lo spettro dell’automazione, quando a rispondere al telefono sarà un robot, non ci sarà spazio nemmeno per le attività delocalizzate , per anni  è stata una giungla, ma nel settore si è nel frattempo insinuato un tarlo che ha lavorato in profondità, intrecciandosi a una crisi economica che ha di fatto sublimato una situazione esplosiva; la globalizzazione e le delocalizzazioni.

Altrove ci sono costi minori, si chiama dumping, se  si va a gareggiare su commesse in Italia. Si è intervenuti nel 2012 con l’articolo 24-bis del Dl sviluppo in cui è stato previsto che chiunque si rivolga o sia contattato da call center debba sapere se sta parlando con qualcuno all’estero.

Sul futuro dei call center incombe il momento in cui chiameremo un’azienda, alzerà la cornetta un call center e risponderà un software, l’avvento della nuova tecnologia potrebbe mettere a serio rischio tutti i 100 mila posti di lavoro che oggi il settore offre nel nostro Paese.

Sempre più aziende si stanno rivolgendo a soluzioni innovative che prevedono l’utilizzo dei robot per rispondere alle domande degli utenti o per presentare un determinato servizio, Duplex (il robot di Google che impressionò tutti il giorno della sua prima presentazione al pubblico) è il sistema più richiesto dalle aziende,ma ci sono anche Alexa (Amazon) e Xiaoice (Microsoft). Insomma, il futuro per i lavoratori dei call center si profila maledettamente complicato e in via di estinzione.

Alfredo Magnifico

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