Attivo Sindacale unitario, l’intervento della CISL Poste

Lo scorso 22 ottobre Cgil, Cisl e Uil hanno riunito a Roma gli Esecutivi nazionali per valutare il Def, la legge di Bilancio 2019 e presentare le loro proposte per la crescita e lo sviluppo del Paese. In Molise, si è svolto, alle ore 15,30 del 12 novembre presso la Scuola Edile di Campobasso, l’Attivo sindacale unitario alla presenza del Segretario Nazionale Pierpaolo Bombardieri, dove si è discusso la piattaforma, al fine di portarla a conoscenza di lavoratori, giovani, pensionati e disoccupati, con l’obiettivo di arricchirla con le esperienze locali. Di seguito l’intervento del Segretario Antonio D’Alessandro della CISL Poste: Non ho la possibilità di portare avanti un intervento prolungato, non è questo il contesto giusto, tuttavia credo sia opportuno e doveroso richiamare l’attenzione di noi tutti su alcune considerazioni. Il momento storico attuale vede al potere un governo eletto e di derivazione popolare, tuttavia l’attenzione politica, più che su questioni interne e sulle beghe fra i partiti italiani, da qualche mese è ormai fissa su scenari europei, e principalmente sul conflitto tra Unione Europea ed Italia. Una vera e propria guerra combattuta su un piano quasi esclusivamente finanziario.

La Commissione Europea è nettamente contraria alla manovra economica che prevede l’aumento del debito oltre il limite consentito dalla BCE, e respinge le previsioni di bilancio governative. “Questo è il primo bilancio italiano che non piace all’UE”, ha scritto il vice primo ministro Luigi Di Maio su Facebook. “Nessuna sorpresa: questo è il primo bilancio italiano scritto a Roma e non a Bruxelles!”. Matteo Salvini ha aggiunto: “Questo (rifiuto) non cambia alcunché”. “Non stanno attaccando un governo, ma un popolo. Queste sono cose che faranno arrabbiare ancor di più gli italiani”, ha detto. Sia Salvini che Di Maio sanno di essere in guerra con l’establishment europeo e, per vincere questa battaglia, hanno bisogno del sostegno incondizionato dell’apparato dello Stato da una parte, del popolo dall’altra. Gli oppositori cercano di erodere proprio questi due presupposti, facendo forza sulle istituzioni e sul consenso nei confronti dei partiti principali, il quale è effettivamente in flessione. Il popolo, tuttavia, sembra non essere del tutto consapevole della gravità della situazione. La casalinga, il padre di famiglia alle prese con i problemi giornalieri, il lavoratore impegnato che non comprende i dettagli finanziari, l’uomo comune stressato e non troppo informato, al momento non modificano la propria disaffezione nei confronti della politica e probabilmente continueranno a sostenere i partiti che fanno comodo ai propri piccoli interessi, senza lasciarsi granché condizionare dal giornalismo dei TG e dei quotidiani. E di ciò non si può non tener conto, come è opportuno non sottovalutare la crescente diffidenza degli italiani nei confronti dell’Istituzione Europea.

Secondo molti, i poteri bancari, gli speculatori, gli usurai, i poteri sovranazionali che hanno mal digerito il ruolo di potenza industriale che l’Italia ha saputo ritagliarsi dal dopoguerra in avanti, cercano di controllare i media principali, fiancheggiando le manovre delle solite oligarchie tese ad ottenere e mantenere posizioni di controllo sul sistema sociale ed economico. In quest’ottica, gli uomini che hanno imposto una politica di cieca austerità lo hanno fatto non per “mettere a posto i conti”, ma per costruire e mantenere un equilibrio sociale tra le diverse classi fondato sul predominio dei poteri forti in economia e finanza.

Al di là di queste visioni complottiste, è opportuno evidenziare che la Finanziaria varata dai “gialloverdi” in realtà non avrebbe nulla di così rivoluzionario, anzi in realtà sarebbe perfino troppo timida in quanto l’Italia avrebbe bisogno di un deficit ben più alto del 2,4% per ripartire, situazione che, già presentatasi in precedenza, non era stata neppure tanto osteggiata dai potentati europei. Tuttavia, i paesi dell’area euro non possono stampare in proprio il denaro, e portare avanti strategie monetarie macroeconomiche di antica e superata abitudine, e per questo motivo non possono avere un deficit infinito. Sono costretti a vivere entro i propri mezzi, altrimenti, senza l’intervento della BCE, andrebbero in bancarotta. Qualcuno spera, a ragione o a torto, che la manovra leggermente “espansiva” voluta da Di Maio e Salvini possa davvero determinare uno aumento del Pil che, automaticamente, abbatterà l’ammontare del debito. Se ciò avverrà, potrebbe essere la fine di quel programma di austerità, voluto dall’establishment di Bruxelles e Francoforte che prevede la diminuzione della spesa pubblica. Ciò rappresenterebbe un serio smacco per l’attuale management europeo e la sua politica del rigore. Al contrario, se non vi sarà la sperata ripresa, potrebbe essere la fine per l’attuale governo, che rifiuta di conformarsi ai dettami europei. Sembra probabile che il confronto tra Roma da un lato e Bruxelles e Francoforte dall’altro, raggiungerà il culmine solo dopo le elezioni del Parlamento Europeo. Venendo ora all’analisi della situazione nazionale attuale, magari sarà facile attribuire responsabilità al Governo, tuttavia è un dato certo che il numero dei disoccupati non è in diminuzione. Inoltre, l’andamento discontinuo dell’occupazione negli ultimi mesi corrisponde purtroppo alla stagnazione della nostra economia. Per conoscere gli eventuali effetti, temuti o sperati che siano, del decreto dignità si dovranno attendere i dati successivi alla fase transitoria, in quanto le nuove norme entreranno pienamente in vigore solo in questo mese di novembre.

È poco credibile la stima di crescita dell’1,5% che il Governo ha considerato per il 2019 e su cui si basano le previsioni sul deficit e sul debito. Ora più che mai, servirebbe una manovra effettivamente espansiva, con più investimenti su politica industriale e servizi, innovazione e ricerca, istruzione e formazione. Serve uno slancio decisivo che faccia leva sul lavoro, sulla coesione territoriale e sul rilancio del Mezzogiorno, su una visione nazionale che parta da un programma di grandi opere e di ammodernamento delle infrastrutture materiali e sociali di questo Paese. Senza questo scatto e senza un approccio partecipato alle riforme rimarremo fatalmente legati all’economia dello “zero virgola”, con tutti i rischi che derivano dall’appiattimento delle dinamiche di crescita. L’Italia e gli Italiani hanno bisogno di una società in cui siano presenti equità del sistema, alleggerimento della pressione tributaria, semplificazione e soprattutto lotta all’evasione. Proprio rispetto alla lotta all’evasione non possiamo accettare l’aver mascherato attraverso la cosiddetta “pace fiscale” misure di condono che il Paese non riscontrava da tempo, invece di sostenere una minore tassazione del lavoro in cambio di una più efficace lotta all’evasione. L’assenza di una riforma organica del sistema tributario prefigura il rischio di accentuare le disuguaglianze fra i cittadini favorendo, ancora di più, la concentrazione della ricchezza in poche mani e allargando il perimetro delle marginalità. D’altro canto, è inaccettabile riscontrare tre morti al giorno sul lavoro o a causa del lavoro. Bisogna fermare questa strage. Prevenzione, sicurezza nelle attività lavorative ed ambienti di lavoro sicuri sono una scelta di civiltà.

Con il Governo ed il Ministro del Lavoro bisognerebbe parlare di questo e addivenire a provvedimenti certi. Basta slogan, ora vogliamo fatti. Inoltre, è arrivato anche il momento di esplicare il Decreto Dignità per colmare la gravissima lacuna relativa agli incentivi al lavoro stabile. Alla luce dell’attuale situazione economica e occupazionale, ancora molto incerta, il sindacato ha avanzato proposte necessarie ed urgenti per assicurare protezione sociale già nei prossimi mesi a decine di migliaia di persone con situazioni in scadenza e, in questo contesto, risulta apprezzabile l’apertura del Ministero del Lavoro relativa ad ammortizzatori sociali e politiche attive. Si rende necessaria la proroga di 12 mesi della Cigs (cassa integrazione) e della mobilità in deroga, sia per le aziende che operano in aree di crisi complessa sia in quelle realtà che fronteggiano piani di risanamento complessi, eliminando l’attuale limite dei 100 dipendenti. Non mi soffermo oltre ad analizzare varie altre situazioni, relative a ricerca, attività culturali, giustizia e, soprattutto, tutela dell’ambiente, del territorio e delle infrastrutture, alla luce degli avvenimenti degli ultimi mesi.

La trattazione porterebbe via davvero troppo tempo. Le situazioni con cui si dovrà misurare il Governo saranno di sicuro numerose ed importanti, fondamentali per la nostra Nazione; l’augurio è che il confronto con le parti sociali, a questo punto necessario ed indifferibile, possa portare ad individuare, prevedere ed attuare i necessari provvedimenti atti a garantire una reale ripresa economica ed a creare i presupposti di uno stato sociale basato su equità e giustizia sociale. Ringrazio tutti ed auguro una buona continuazione dei lavori.

Il Coordinatore SLP-CISL Molise

Antonio D’Alessandro

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