#corpedelasunzulatavecchia / La signora Stella, il sig. Carmine e la “colezione”

Nei tempi che furono la famiglia contadine era prevalentemente patriarcale ma per alcuni aspetti, invece era matriarcale, e mi spiego: per quanto riguardava la conduzione e l’organizzazione del’azienda agricola era il marito che disponeva, il più delle volte, mentre invece era la moglie che disponeva per quanto riguardava al gestione della casa e della cucina. Uno di questi punti “matriarcali” era la gestione delle riserve alimentari, prima di tutti tra questa quella della lavorazione del maiale.

La lavorazione del maiale, la mattina del “fatto” si divideva in due parti: iniziavano gli uomini con la vera e propria uccisione, continuavano le donne con la lavorazione degli intestini.

La signora Stella, quella mattina dell’uccisione del maiale, doveva in ogni caso “portare il latte”. Compito squisitamente femminile che consisteva nel portare i latte delle loro mucche a domicilio dei clienti, i signori che abitavano nei palazzi in città, con “u marmitte” e misurarlo con il mezzo litro prima di darlo alla cliente.

Quindi quella mattina la signora Stella aveva “dato disposizioni” che l’uccisione del maiale si sarebbe fatta al suo ritorno da Campobasso. Abitavano in comune di Campobasso, ma noi contradaioli antichi discerniamo sempre tra città (appunto Campobasso) e casa nostra, che è tutt’altra cosa rispetto alla città.

Gli uomini tesi e protesi per l’evento arrivarono in ogni caso di buon mattino, come si usava sempre, a casa dei signori Carmine e Stella, ma dovettero fermarsi per disposizioni della padrona di casa. Non sapendo come ingannare il tempo pensarono di “portarsi avanti con il lavoro” e di invertire l’ordine degli addendi, tanto il risultato non sarebbe cambiato. Detto fatto decisero di fare “culazione” in dialetto oppure in slang “colezione”, noi adesso la chiamiamo colazione e la facciamo al bar.

La colazione nel mondo contadino di allora veniva fatta a casa intorno alle 10,30/11 e serviva per interrompere il duro lavoro iniziato alle 4 con la sistemazione degli animali nelle stalle. Al giorno d’oggi lo chiamano coffee break, ma l’orario è rimasto più o meno lo stesso…

Dunque, dicevamo, gli uomini in attesa che la padrona di casa tornasse si sedettero a tavola ed iniziarono a fare colazione. La tavola era stata precedentemente preparata dalla signora Stella che non aveva lesinato alcun tipo di bene per gli ospiti che avrebbero aiutato per la “causa” del porcello.

Quindi iniziarono con uova fritte e salumi di ogni specie o quasi, visto che la salsiccia era ancora da fare, taralli e tarallini, frittelle di ogni tipo e “qualche” immancabile bicchiere di vino. Il vino occupava un posto di rilievo nella tavola dei nostri nonni, avendo poco si industriavano con quello che avevano ed allora: “fatte n aute bicchiere, a la salute e tutte quante….”. La medicina ufficiale aveva seri problemi e si brindava alla salute dei commensali nella speranza di non ricorrere alle cure del medico che veniva chiamato veramente quasi solo in caso di estrema unzione. Ah no, quello era il prete.

Quindi i nostri cari aspiranti macellai per un giorno aspettarono il ritorno della signora Stella tra un brindisi e qualche frittella, più brindisi che frittelle.

La signora Stella concluso il suo giro di consegna del latte, con la marmitta (u marmitte) vuota, ma ancora pesante, tornò a casa e dette l’ultimatum: “uscite fuori ed iniziate, il tempo di indossare gli abiti da lavoro e vengo anche io”. Quelli che oggi avremmo chiamato “quattro amici al bar” uscirono sull’aia per dirigesi verso la stalla dove li attendeva ignaro il porcello sacrificale.

Di solito era il padrone del maiale ad entrare nella stalla e farlo uscire fuori dove lo attendeva l’equipe, quella mattina il maiale, forse accortosi dell’alto tasso alcolemico della combriccola, pur non avendo l’alcolimetro, sempre il maiale, fece un dribbling alla Maradona ed evitò di essere legato con tutto quello che ne sarebbe conseguito.

Iniziò un “gioco” a metà tra nascondino ed i quattro cantoni che il maiale faceva con i suo carnefici tra le zampe delle mucche, e le pecore che guardavano non capendo bene cosa succedesse.

Non si seppe mai se la fine del maiale fu sanzionata dagli alcolisti dichiarati o dal richiamo all’ordine della signora Stella che nel frattempo indossati gli abiti da lavoro era arrivata anche lei sul luogo del “fatto da fare”. L’episodio fu di monito per gli anni a seguire tanto che zì Giuseppe, un vicino di casa del sig, Carmine stabilì, almeno a casa sua, che la “culazione” si sarebbe fatta solo ad “operazioni” concluse nel frattempo, se volevano, potevano prendere una tazza di caffè, magari anche con lo zucchero.

Abito in collina e “siccome sempre caro mi fu quest’ermo colle…..” mi è scappato di scrivere questo rciordo ricordatomi dal mio amico Nicola.

Con affetto e stima: statevi arrivederci

Franco di Biase

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