Patriciello: La violenza è sempre un atto di rinuncia alla civiltà

“La violenza è sempre un atto di rinuncia alla civiltà. Quella contro le donne, poi, è particolarmente odiosa perché mortifica l’essenza stessa della vita e offende i valori su cui si fondano le nostre democrazie. Abbiamo il dovere di essere inflessibili con chi commette questo genere di reato ma non basta: è necessario intensificare ogni sforzo per ridurre le discriminazioni e le diseguaglianze che, purtroppo, sono alla base di quello che è un vero e proprio fenomeno culturale”.  Queste le parole di Aldo Patriciello, parlamentare europeo e membro del Ppe, in occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere. Da Strasburgo, dove è in corso la sessione plenaria del Parlamento Europeo, l’eurodeputato molisano non ha voluto far mancare il proprio sostegno alle tante iniziative e manifestazioni in tutta Europa che hanno l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni in generale sul tema della violenza nei confronti delle donne.
“Nonostante i passi avanti compiuti con l’approvazione della Direttiva europea del 2012 e la sottoscrizione della Convenzione di Istanbul – spiega Patriciello – la lotta contro la violenza di genere resta un tema su cui occorre lavorare con la massima serietà ed impegno. I dati, purtroppo, fotografano un problema molto diffuso e ben lontano dall’essere risolto: basti pensare che soltanto in Italia sono state 152 le donne vittime di femminicidio nell’ultimo anno. Abbiamo bisogno dunque di rafforzare a livello di UE e Stati membri un approccio centrato sui diritti in relazione alle donne in quanto vittime di violenza. Un approccio – prosegue l’europarlamentare azzurro – che contempli ogni forma di violenza contro la donna: quella psicologica, gli atti persecutori, la violenza fisica e, ovviamente, anche quella sessuale”.
“Occorre considerare, inoltre, che la maggior parte delle donne che subiscono atti di violenza non li denunciano e, di conseguenza, non entrano in contatto con il sistema giudiziario. Ciò dimostra che la battaglia va condotta non soltanto da un punto di vista legislativo, con pene più severe contro chi si macchia di questi crimini, ma anche e soprattutto su un piano sociale e culturale. Rompere il muro di silenzio – conclude Patriciello – è spesso il primo passo da compiere per difendere al meglio chi è vittima di questa assurda violenza”.

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