L’occhio che uccide/ La vita difficile di Antonio Battista

Antonio Battista è una brava persona. Fa il politico è vero ma la sua è una vera e propria vocazione, come ai tempi in cui organizzava, con passione e dedizione, la festa del suo quartiere, San Giovannello a Campobasso. E’ onesto e lavoratore, una cosa rilevante di questo tempi. Ma la sua vita potrà diventare nei prossimi tempi davvero una vita difficile. Recentemente è stato eletto (diciamo così) presidente della Provincia di Campobasso, ente dichiarato soppresso ma non troppo (ci vorrebbe una riforma Costituzionale). Per cui la Provincia non è un ente soppresso ma piuttosto un ente soppressata, un miscuglio triturato di competenze e costi.

E’ stato eletto da un migliaio di suoi colleghi politici. Qualcuno politico come lui, molti semplici politicanti, il grosso addirittura politicastri. Sui giornali è stato un tripudio di trionfalismi e comunicati di soddisfazione: un migliaio di politici o praticanti politici eleggono uno di loro alla testa di un ente soppresso o meglio soppressata. Ma vabbé li perdoniamo: si tratta di zombie che, ballando al ritmo di una canzone di Michael Jackson, pensano così di essere vivi. Tra un poco, con la riforma costituzionale di Madonna Elena Boschi Antonio Battista, sindaco di Campobasso nonché presidente della provincia di Campobasso rischia di diventare anche senatore della Repubblica. E allora la sua giornata tipo, che di seguito brevemente immaginiamo rischia davvero di essere complicata. Alle 8 Antonio Battista si sveglia ed è un essere umano. Si fa la barba, si veste di tutto punto, fa colazione ed esce di casa.

Alle 9 Antonio Battista diventa un sindaco. Mentre cammina ascolta questi suoni: “Dotto’perchè sotto casa mia non raccogliete mai l’immondizia?”. “Dotto, ma perché anziché abbattere le scuole di Campobasso non vi abbattete voi?””Dotto’ mio figlio è muto sordo cieco e anche ipovedente non riuscite a trovargli un posto in qualche supermercato, tanto ne fate aprire uno al mese?”. Superato questo calvario Il Sindaco Battista si affaccia a Palazzo Magno dove diventa il Presidente Battista. Gli comunicano che nella notte per mancanza di fondi hanno chiuso una biblioteca, tre strade, due centri per l’impiego e nemmeno i tesserini per la caccia sono arrivati perché la Provincia non li aveva pagati. Antonio Battista a questo punto, già distrutto prende il treno e va a Roma, a svolgere le sue nuove funzioni di senatore di un Senato semi soppresso. Il viaggio lo passa a telefono, tra una galleria ed un’altra a parlare con il capo dei vigili urbani, con l’assessore provinciale all’ambiente, con quello comunale all’ambiente, con il capo della polizia provinciale, con tutti i funzionari misti di Comune e Provincia, tanto che a volte dispone una delibera comunale e la comunica al capo amministrativo della provincia. Arriva finalmente a Palazzo Madama. Riesce a sedersi nella sua stanza e gli dicono che deve correre in aula.

Ci sono sei progetti di legge, da approvare con sei distinti maggioranze e modalità che la Camera dei deputati gli ha passato. Alcune sono approvazioni solo consultive, alcune consultive e deliberative, alcune semplicemente compulsive ed ossessive: Antonio Battista nel pomeriggio comincia a cedere. Gli comunicano anche che deve andare nella commissione per le immunità parlamentari (che spetta pure ai neo senatori) perché sono pendenti otto richieste di arresto per tre senatori sindaci e cinque senatori consiglieri regionali con accuse che vanno dall’abigeato al caporalato alla truffa con l’aggravante della idiozia conclamata. Sono le 20, il cielo si rabbuia, si sentono i tuoni, forti su Roma. Antonio Battista, distrutto, alza gli occhi verso il Nazareno ed urla, disperato. “Renzi, Renzi perchè mi fai questo??!!!” ( Aigor)

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