L’Italia tra i paesi UE spende meno per le fasce deboli

Il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva in una audizione sulle misure per il contrasto alla povertà messe in atto dal governo con i Disegni di legge 2494, 2241 e 2437 sottolinea che l’Italia spende “sistematicamente meno” per la protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli (persone con disabilità, famiglia e infanzia, esclusione sociale, abitazione) rispetto ad alcuni paesi europei.
La quota di spesa destinata ad essi sul totale della spesa sociale (circa l’11%) è molto lontana da quelle rilevate nei paesi scandinavi (31,2% Danimarca, 26,6% Svezia e Finlandia) e comunque di circa 10 punti inferiore a quelle di Francia e Germania (dati 2013).
Una quota inferiore all’1% è impegnata specificamente per politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale e per politiche abitative; si tratta di un valore marginale se paragonato al 7,9% del Regno Unito (valore massimo) e di poco superiore allo 0,3% di Cipro (valore minimo)”.
L’Italia si distingue, per “una quota più elevata di spesa sociale non sottoposta alla verifica dei mezzi (il 94,3% della spesa, rispetto al 87,9% della Germania e all’88,8 della Francia) e un peso maggiore della spesa non legata al reddito dei beneficiari per quanto riguarda i trasferimenti monetari (si tratta del 95% in Italia, rispetto a Francia, 89,3%, e Germania, 92,3%)”.
Alfredo Magnifico

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